IL RETROSCENA
BERLINO Di fronte allo schieramento internazionale che andrà

Domenica 19 Gennaio 2020
IL RETROSCENA
BERLINO Di fronte allo schieramento internazionale che andrà in scena oggi, sarà difficile che i due principali contendenti possano sfilarsi con nuovi colpi di teatro. Ma passare dalla tregua alla pace duratura non sarà facile, al punto che per ora non si intravedono spiragli per quella missione di interposizione, in stile Unifil-Libano, sulla quale lavora da tempo l'Italia. La decisione di Haftar di chiudere i rubinetti del petrolio ha alzato ancor più l'allarme anche in quei Paesi europei, Germania in testa, che vorrebbero tenersi il più possibile fuori dalla vicenda libica. La Cancelliera Angela Merkel ha lasciato ben volentieri alle Nazioni Unite l'organizzazione della Conferenza che inizia oggi alle 13. La chiusura dei pozzi cambia però il quadro perché rischia di mettere in moto un colossale esodo da Tripoli dove la popolazione, oltre a sentirsi insicura, dovrà fare presto i conti con la mancanza dei generi di prima necessità o l'impossibilità di comprarli visto che resterebbero senza stipendio. Oltre un milione e mezzo di persone, solo da Tripoli, che potrebbero presto trovarsi a scegliere tra la fuga o la lotta armata.
Il timore di un'impennata degli sbarchi, o degli arrivi via terra, potrebbe quindi spingere ancor più la Cancelliera ad assumere quel ruolo che darebbe un impulso non da poco alle ambizioni europee, frenate sinora dalle resistenze francesi e da una sorta di neutralismo tedesco.
Nel rapporto stretto, consolidato in questi ultimi giorni, con la Merkel, il presidente del Consiglio cerca quella spinta decisiva che permetterebbe all'Italia, tramite Bruxelles, di riacquistare un peso nella vicenda libica. Non aver ceduto nei mesi scorsi alla richiesta di armi proveniente da Al Serraj, concede all'Italia, ora che dovrebbe trovare spazio la diplomazia, un ruolo di equilibrio. Ma la mossa di Haftar - che rischia di mettere in crisi la Noc (National OIL Corporation) e con essa compromettere il 17% di fatturato che Eni fa in terra libica, oltre ad aprire incontrollabili flussi migratori - fa tornare il pendolo italiano verso Serraj.
Tornare a casa con un documento che consolida la tregua, viene riconosciuto a Palazzo Chigi come un successo dopo il quale è possibile immaginare l'avvio di una serie di tavoli di trattativa, ma ora l'obiettivo è far riprendere la produzione di greggio. Haftar e Al Serraj arrivano a Berlino dopo una serie di acrobazie che hanno irritato anche i relativi sponsor. Il generale della Cirenaica non firmando a Mosca la tregua ha fatto fare un mezzo fiasco ai suoi amici russi. Vladimir Putin sarà oggi a Berlino desideroso di incassare quanto prima il contributo dato da Mosca per la riuscita dell'appuntamento. Ci sarà anche il segretario di Stato americano Mike Pompeo. Gli Usa gestiscono ormai da remoto la crisi libica, ma il peso americano si è avvertito negli ultimi giorni spingendo sia Erdogan che Egitto ed Emirati ad allentare la presa sui due contendenti.
OBIETTIVO
L'embargo sulle armi, dopo la tregua, è l'obiettivo a cui spinge l'Italia: si dovrebbe realizzare attraverso una missione navale alla quale darebbero un contributo Germania, Spagna e Regno Unito. Un blocco anche dei confini terrestri che limerebbe le unghie di Haftar e darebbe il segnale che l'Europa non intende più fare da spettatrice. L'embargo di armi è al primo punto dell'agenda del ministro Di Maio giunto ieri sera a Berlino mentre Conte arriverà in mattinata. Costringere Haftar alla tregua, tagliargli i rifornimenti di armi contribuirebbe a realizzare le condizioni per quella forza di pace che vorrebbe l'Italia. Dopo lo sgarbo subito a Mosca, e magari con la promessa di partecipare alla stagione della ricostruzione del Paese, non è detto che i russi si mettano di traverso nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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