Il leader evoca la piazza: li caccerà il popolo Ma nel Carroccio è rivolta: siamo all'angolo

Lunedì 19 Agosto 2019
IL CASO
ROMA Salvini aspetta che compaiano i murales con «il bacio della morte» tra Di Maio e Renzi, punta a cercare una sponda in Zingaretti, a spaccare quella parte del Pd recalcitrante ad un accordo con M5s, a tirare a sé quei pentastellati che non vorrebbero un'intesa con questo il refrain «il partito delle banche e di Bibbiano». Comincia già a fare pressioni sul Colle che a suo dire non può permettere la nascita di un governo che non ha il consenso nelle urne e che soprattutto non è maggioranza nel Paese.
Ma la strategia portata avanti dal ministro dell'Interno in questi giorni, quel suo continuare a dire «il mio telefonino è sempre acceso» tirando in ballo sia Di Maio che Conte, per ora ha avuto la conseguenza di dividere pure la Lega. Giorgetti è infuriato, critica con i suoi «la superficialità» emersa nella crisi di governo, si lamenta del fatto che così «abbiamo buttato a mare tutto il vantaggio che avevamo». E anche la base è sempre più irritata: «Basta farci insultare da Di Maio e Renzi. Dovevamo tirare dritto e invece diamo l'impressione di piegarci al Movimento 5 stelle», il ragionamento che ormai fanno big e peones.
«CALMA»
Eppure il ministro dell'Interno predica calma, chiede a tutti di avere fiducia nella sua leaderhsip. E' consapevole del malessere crescente, del fatto che alcuni ministri e sottosegretari dopo aver chiesto al segretario di rompere il patto di governo ora sono ritornati indietro, magari per la paura di perdere le poltrone. C'è chi all'interno del partito di via Bellerio ipotizza addirittura che gli scontenti di Veneto e Lombardia stiano pensando a puntare sull'asse Zaia-Maroni. Altri sottolineano come dopo la vittoria sulla Tav «abbiamo commesso troppi errori». Ma Salvini tira dritto e al Senato dirà che è lui a voler rispettare la parola data ai cittadini. «Io volevo solo che il governo ripartisse con i sì, che la smettesse con i muri, le polemiche e con i no alle infrastrutture, all'autonomia e alle riforme», il succo del discorso che farà a palazzo Madama.
E si rivolgerà direttamente ai cittadini: «Non bisogna permettere che nasca un patto solo per il potere». L'auspicio è che Pd e M5s non riusciranno a mettersi d'accordo, che Zingaretti nel giro di qualche giorno alzerà talmente il tiro che i pentastellati saranno costretti a fare retromarcia. E qualora dovesse nascere «il governo dei mostri», come lo chiama il vicepremier della Lega, M5s e Pd non riusciranno neanche a superare lo scoglio della legge di bilancio, si incaglieranno subito e magari sarà proprio Renzi a far saltare tutto.
Ma la pistola fumante sul tavolo Salvini l'ha già caricata ieri. Ha parlato per la prima volta in pubblico in privato lo faceva da giorni del ricorso alla piazza. «Mobiliterò tutti a protestare contro questo scellerato patto Pd-M5s. Sarà il popolo questa la minaccia che adombrerà anche quando sarà a colloquio con il Capo dello Stato a cacciarli, gli lanceranno le monetine come hanno fatto con Craxi».
Ancora non è il momento in realtà di alzare il tiro. Martedì Salvini non farà alcuna mossa, una risoluzione della Lega sarà possibile solo se il presidente del Consiglio dovesse e il Movimento 5 stelle lo fa da tempo invocare le sue dimissioni dal Viminale. Ma il ministro non darà alcun alibi, per rilanciare l'alleanza giallo-verde è disposto anche a tenersi Conte a palazzo Chigi. «Mi devono cacciare», ripete ai suoi, «Mattarella non può acconsentire a manovre di palazzo ordite solo per farmi fuori».
I TIMORI
Tuttavia il timore di essere stato messo all'angolo è sempre più concreto. «In ogni caso assicura cadremo in piedi. Magari dovessero farci il favore di mettere Fico o qualcun altro a palazzo Chigi». In quel caso tutti pronti a bloccare le istituzioni, al Vietnam in Parlamento. Salvini si appella ai parlamentari di Pd e M5S: «Si comportino secondo coscienza». La paura è che ora «ripartirà l'assalto delle procure».
Emilio Pucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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