IL CASO
ROMA «La base? La base non chiama!». In un vecchio sketch satirico

Domenica 25 Agosto 2019
IL CASO
ROMA «La base? La base non chiama!». In un vecchio sketch satirico su Raitre, si vedevano i dirigenti di partito in una sala che aspettavano di sentire via telefono l'umore delle masse ma le masse non si facevano sentire. E loro ci restavano male. Stavolta, in questa crisi di governo molto virale, la base chiama eccome, comunica via web, si agita sui social, dice la sua e mannaggia: smentisce la linea dei leader. Salvini quando ha aperto la crisi è stato subissato di critiche da parte dei leghisti delusi manco fosse Capitan Schettino che lascia la nave («E ora Quota 100 ce l'abolirà il nuovo governo, sei contento Capitan Coniglio?») ma anche ora che sta ricucendo non sono tutti con lui e urne-urne-urne: questo il web grido lumbard, comprensivo del sospetto che Matteo non le voglia davvero. E lui che nei social trovava il suo doping e il suo stratosferico successo - lo seguono un milione e 700mila su Instagram, 3 milioni e 800mila su Facebook - comincia a scoprire le difficoltà e le insidie del rapporto diretto con il popolo che dice la sua, e pretenderebbe che il leader diventi follower dei suoi follower.
DECRESCITA INFELICE
Ma se per ora il capo del Carroccio regge - ha perso 10mila web-seguaci nella settimana a cavallo della crisi tra il 5 e l'11 agosto, ma la decrescita infelice parrebbe rallentata mentre continuano le difficoltà nei like e nel numero delle condivisioni - ciò che è saltata clamorosamente è la fiducia del popolo grillino nei suoi leader. E in quel campo la base azzanna così: «Se andate con il Pd vi scavate la fossa», «Traditori!», «Mai accordi con il partito di Bibbiano». Non riesce proprio a placarsi la sollevazione anti-Di Maio. E infatti lui tentenna, un po' strizza l'occhiolino a Salvini - come gli chiede il suo popolo e il Dibba cavalca quest'onda filo-Lega, lui che s'è sempre presentato come l'Anti-Salvini - e un po' aspetta che si plachi la protesta prima di mettere ai voti su Rousseau il probabile connubio con Zingaretti.
E intanto da un rapporto di DataMediaHub, un think tank di comunicazione digitale, emerge che gli intervebnti del popolo del web sui profili di Salvini per il 47 per cento sono di sorpresa, ira, disgusto e tristezza per come sta gestendo questa fase: «Occhio che se continui così - scrive uno che si firma Vincenzo - torniamo al 7 per cento». E il leader che sui social non ne ha mai sbagliata una, ora mostra qualche piccola defaillance che denota confusione. Ieri per esempio ha messo su Instagram la foto di un tramonto - non gli conveniva scegliere un'altra immagine? - con questo commento: «Mai arrendersi!». Mai arrendersi al tramonto? Quindi c'è un tramonto in atto? L'Infallibile, quando per tutti i suoi fan e per i nemici questo era, non sarebbe mai incorso in questa piccola scivolata semantica. Ma adesso sembra diventato il Vulnerabile e ciò disorienta i follower. Li si cerca di rassicurare nella pagina ufficiale Facebook del Capitano e in tutti gli account riconducibili alla Lega (a proposito: nei sondaggi ha perso tre punti rispetto al voto delle Europee: dal 34 al 31 per cento) rilanciando a ripetizione tutti i post dei grillini che gridano a Di Maio: «Risali sul Carroccio, scemo!», «Zingaretti vale dieci volte meno di Salvini». Il quale vale tantissimo, come si sa, nelle sue super-pop dirette Facebook, ma in questa fase di appannamento ne fa di meno. «E' solo perché è agosto», minimizzano i suoi. Senza calcolare che in un agosto così di fuoco ne avrebbe dovuto fare il triplo rispetto al normale.
OLIO FRITTO
Ma riecco, nel pieno della trattative grillo-dem, la rivolta del popolo stellato che grida allo stato maggiore del movimento: «Ma siete impazziti? Mollate un bel governo per un brutto inciucio!». Impazza l'hashtag #maiconilPd. C'è anche chi si esprime così: «Siamo passati dall'apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno, ad aggiungere tanto olio fritto nella scatola...».
Al tempo dello strapotere dei social, se il web dà la linea è complicato per la dirigenza politica disobbedire. S'è rovesciata la piramide, il basso sta in alto e l'alto che ha sempre fomentato il populismo ora ne diventa la vittima e rischia di finirne stritolato. E il paradosso è che il popolo inventato da Grillo, al grido «la Rete è tutto e il tutto il resto non contra un c...», è quello che più si sta scagliando addosso alla linea di Beppe fortemente indirizzata all'abbraccio con il Pd. Insomma ognuno nel suo campo, sia Salvini sia Grillo sia Di Maio, dopo aver usato il populismo digitale ed essere lievitato grazie ad esso, in queste ore se potesse tornerebbe alla politica più analogica e più tradizionale. Quella in cui il leader e il suo gruppo dirigente di nascosto da tutti e infischiandosi degli umori della mitica base faceva le grandi scelte politiche. E poi convocava il popolo in piazza, per farsi applaudire.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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