«Quando nasci a Bassano del Grappa da una famiglia di imprenditori partiti dal nulla, è difficile immaginare che fare l'attrice sia un lavoro». E invece di strada ne ha fatta sul piccolo e sul grande schermo Francesca Cavallin, che questa sera torna su Rai 1 tra i protagonisti della serie La Compagnia del Cigno 2. Attrice, conduttrice tv ed ex modella, Cavallin ha in curriculum ruoli in film o serie tv italiane: da Vivere a Don Matteo, da Un medico in famiglia a Non uccidere fino alle Meraviglie di Alberto Angela.
Francesca Cavallin, mentre parte la seconda stagione de La Compagnia del Cigno, è impegnata in nuovi progetti?
«Sto girando un'altra serie per Rai1. Il professore per la regia di Alessandro D'Alatri con Alessandro Gassman protagonista nei panni di un prof di filosofia. È molto bella, si parla di scuola e disagio giovanile».
Come si lavora col Covid?
«È una cosa pazzesca girare con la spada di Damocle di un possibile contagio. Si usano mascherine e si fanno i tamponi, ma è impossibile sterilizzare costumi e scene ogni volta. Ci vedono come privilegiati, ma noi attori siamo i più esposti perché si deve lavorare senza mascherina. Nonostante questo, nessuno ha mai immaginato di vaccinarci in quanto categoria a rischio, preferendo altri che sono in smart working».
Come ha vissuto quest'ultimo anno?
«Il primo lockdown è stato un tempo di solitudine e riflessione forzata, ma bello perché è nata l'associazione di attori Unita che cerca di dare una rappresentanza alla categoria. Il nostro è un mestiere poco considerato (come tutto il comparto culturale) e senza tutele. È gravissimo che lo spettacolo venga bloccato oggi. Eppure può operare in sicurezza come un centro commerciale o una chiesa».
Com'è nata la vocazione da attrice?
«Vengo dalla provincia veneta e mio padre è un classico self-made man, dunque da piccola non sembrava pensabile che fare l'attrice fosse un lavoro. Già quando all'università mi sono iscritta a storia dell'arte ho dirottato dalla via maestra, anche se poi ho continuato l'esperienza accademica come assistente. I meccanismi poco trasparenti dell'università mi hanno fatto mollare l'insegnamento. Su invito di un'amica mi son trasferita a Milano. In Veneto avevo lavorato come modella e ho pensato di riprendere, ma l'incontro con Giuliana Gravina mi ha portato alla recitazione».
Un incontro chiave?
«A 26 anni ero troppo vecchia per le accademie, ma Giuliana mi convinse a studiare e mi sono formata alla scuola teatrale del CTA di Milano. Nel frattempo ho girato molti spot e appena conclusa la formazione è arrivata la parte in Vivere su Canale5».
Da allora è stata una cavalcata in Tv, e in teatro?
«Non ci ho mai lavorato, soprattutto perché la vita di tournée risultava difficile da conciliare con il ruolo di madre. Mi piacerebbe, ho ancora un rispetto sacrale per il teatro e lo vedo come un traguardo da raggiungere».
Momenti indimenticabili in carriera?
«Il lavoro sul mio personaggio nell'horror The Nest di Roberto De Feo. È stato incredibile. E poi la prima scena con Giancarlo Giannini ne Il generale Dalla Chiesa, perché ero agli inizi e quello che ho provato (e imparato) me lo porto dietro per sempre».
Oggi vive a Monza, ma che rapporto ha con Bassano e con il Veneto?
«Il Veneto è casa e ogni volta che torno a Bassano - perché ho famiglia e amici - ne riscopro la bellezza e me ne innamoro di nuovo. Non escludo di tornarci, ma sono un po' zingara e non riesco a pensarmi legata a un luogo. Mi piace cambiare e viaggiare».
Ha un sogno nel cassetto?
«Vorrei tornare alla storia dell'arte, magari anche all'insegnamento. Durante il lockdown ho fatto una collana di video di storia dell'arte su Instagram che ha avuto successo».