L'audace impresa degli Arditi sul Monte Grappa: ecco chi ha raccolto l'eredità

Sui colli sopra Bassano alla metà di giugno 1918 il contrattacco del corpo d'élite dell'esercito italiano colse di sorpresa gli austroungarici

Sabato 17 Giugno 2023 di Giovanni Carraro
Esercito

A far da scenario negli immancabili selfie scattati dal Ponte di Bassano c'è il Monte Grappa, o meglio, i Colli Alti del Grappa che si alzano imponenti dietro le quinte del Canal del Brenta. Arrotondate e panciute, queste facili cime sono tra le mete più gettonate per gli escursionisti, a due passi dalla gloriosa Strada Cadorna.

Col Calzeron, Col del Gallo, Col delle Capre, Col Raniero, Col del Fagheron, Col Fenilon, Col Moschin, si susseguono in un fil rouge fatto di storia e panorami da cartolina. Forse non tutti sanno che, più di un secolo fa, qualcuno percorse quelle creste per difendere in maniera decisiva la nostra nazione, perché camminare sui Colli Alti, significa rivivere simbolicamente una delle più straordinarie azioni militari effettuate dalle truppe italiane nella Grande Guerra.

Azione leggendaria

A distanza di poco meno di un anno dalla Prima Battaglia del Grappa, l'esercito austroungarico si apprestava a sferrare l'attacco decisivo verso la vittoria, oltrepassando la cosiddetta "linea dei capisaldi" sui Colli Alti che avrebbe consentito di raggiungere Bassano e la pianura veneta. L'operazione Radetzky ha inizio all'alba del 15 giugno 1918 e, in una fitta nebbia, vengono occupati in rapida successione il Col Moschin, il Col Fenilon, il Col del Fagheron e il Col Raniero, mettendo in serio pericolo la linea di massima resistenza italiana. Il contrattacco è fulmineo e inaspettato. Gli Arditi del IX Reparto d'Assalto, comandati dal maggiore Giovanni Messe, scattano nel primo pomeriggio con una manovra che passerà alla storia, riconquistando il Col Raniero e poco dopo Palazzo Negri e il Col del Fagheron, arrivando alla chiesetta di San Giovanni. Alle 22:30 anche il Col Fenilon è vinto. Il giorno seguente, 16 giugno 1918, giunge l'ordine dall'alto comando di riprendere anche il Col Moschin. Alle 7 gli Arditi sferrano l'attacco e dopo pochi minuti anche l'ultimo colle torna italiano. La strada per la vittoria finale di Vittorio Veneto è ormai aperta.

Chi erano

La determinazione e il coraggio animarono i soldati a combattere corpo a corpo contro il nemico in quelle due epiche giornate del giugno 1918. Ammirati dallo stesso Ernest Hemingway, gli Arditi vennero istituiti ufficialmente a Sdricca di Manzano (Udine) il 29 luglio 1917, rappresentando un'élite del Regio Esercito e, come si deduce dal nome, la loro missione era basata sull'audacia durante l'assalto frontale, in grado di rompere le difese del nemico, preparando il terreno all'avanzata della fanteria. Avevano specifiche uniformi, armi ed equipaggiamento e godevano di particolari privilegi. Per la prima volta ad un soldato veniva impartito uno speciale addestramento sia sotto l'aspetto fisico che psicologico. Le loro azioni hanno del memorabile: oltre alla già citata battaglia dei Colli Alti, parteciparono allo sfondamento della linea del Piave verso la Battaglia Finale. Gli Arditi vennero sciolti dopo la fine della Grande Guerra. Successivamente alcuni ex combattenti presero parte all'Impresa di Fiume a fianco di D'Annunzio e molti di loro entrarono nella vita politica del paese, alcuni nelle correnti fasciste, altri in formazioni di ispirazione anarchico comunista come gli Arditi del Popolo. Durante la Seconda Guerra Mondiale venne costituito il X° Reggimento Arditi, erede degli Arditi della Grande Guerra. Nel dopoguerra nacque il Reparto Sabotatori Paracadutisti e, dopo varie ridenominazioni, nel 1976, assunse il nome di 9° Battaglione d'Assalto Paracadutisti Col Moschin, tuttora attivo a Livorno come reggimento delle forze speciali italiane. Uno dei simboli, ereditato dagli Arditi e assegnato nel 2006, sono le mostrine, meglio note come fiamme nere.

Forze speciali

Le terribili prove di coraggio del pendolo di Rachi alla scuola degli Arditi di Sdricca di cent'anni fa sono ormai un lontano ricordo, tuttavia per entrare a far parte del modernissimo Reggimento Col Moschin, vengono ancor'oggi adottate speciali procedure di reclutamento. L'addestramento consta in un rigidissimo programma di formazione e di prove tecniche, superato il quale si ottiene la qualifica di Incursore: corsa piana, trazioni alla sbarra, flessioni a terra, marcia zavorrata, salita alla fune entro determinati tempi prestabiliti, prove di apnea e di galleggiamento con uniforme da combattimento, oltre a specifici corsi rivolti al paracadutismo, al combattimento, alla sopravvivenza operativa e alla resistenza all'interrogatorio.

Arditi illustri

È davvero ricca la lista degli Arditi che hanno fatto la storia. Oltre al citato Giovanni Messe, che durante la Seconda Guerra Mondiale divenne uno dei più famosi generali italiani, raggiungendo il grado di Maresciallo d'Italia, molto si è detto delle tre Medaglie d'Oro Ciro Scianna, caduto sul Monte Asolone tra le braccia del comandante Messe, Dario Vitali per meriti di coraggio sul Col della Berretta e Maurizio Zanfarino, ricordato tra l'altro per essere stato lo zio del Presidente Cossiga. Vi è poi "l'Ardito del Grappa" Ettore Viola con la celebre azione di Ca' Tasson e, in terra bellunese, Angelo Zancanaro, comandante della 2^ compagnia nel IX Reparto d'Assalto, che ricevette la Medaglia d'Oro per essere stato trucidato per mano nazifascista mentre era a capo della resistenza Feltrina nella Seconda Guerra Mondiale. In tempi più recenti, del Reggimento Col Moschin ha fatto parte il generale Franco Angioni capo della missione italiana in Libano nel 1982, oltre a Paolo Nespoli, l'astronauta che tutti conosciamo. 

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