Veneto nel giogo di Salò. A Verona la capitale, i ministeri nelle altre città, e sul territorio una repressione spaventosa

Giovedì 21 Gennaio 2021 di Alessandro Marzo Magno
Veneto nel giogo di Salò. A Verona la capitale, i ministeri nelle altre città, e sul territorio una repressione spaventosa
2

Lo storico Mimmo Franzinelli ha ricostruito l'efferata organizzazione policentrica della Repubblica fantoccio del Duce. Verona era la vera capitale e poi tutti i ministeri romani erano distribuiti nelle altre città. A Treviso l'Agricoltura, a Belluno la Marina. Lavori pubblici a Venezia; a Padova l'Istruzione e sul territorio una feroce macchina di repressione e persecuzione.


LA RICERCA
«A un poggiolo del municipio un ragazzo sospetto di essere una spia dei partigiani fu impiccato più volte di seguito, perché sempre la corda si spezzava, quasi questa volesse testimoniare la sua innocenza, ma gli altri urlanti ebbri di vino e divoranti salumi rubati nelle case, ripetevano l'impiccagione, sordi alle sue invocazioni, insensibili al silenzio minaccioso della folla.

Un altro, preso armato, fu legato per le braccia a un autocarro e dopo averlo trascinato per la strada che dalla chiesa porta al municipio, giunti in questa piazza lo legarono per i piedi a un altro autocarro e messi in moto per direzioni opposte fu dilaniato con la soddisfatta prodezza di avere cancellato il tempo presente rievocando attuali le supreme atrocità della storia». Queste parole descrivono ciò che accadeva nell'anno e mezzo di durata della Repubblica sociale italiana in quel di Avien, località che nella finzione letteraria corrisponde a Onigo, frazione di Pederobba, nella pedemontana trevigiana. 

COMISSO E CRIBOL

Queste parole non sono state scritte da un militante comunista, da un uomo di Mosca, ma da un soldato volontario e poi legionario fiumano: Giovanni Comisso. Il suo romanzo Cribol pubblicato nel 1964 e poi mai più ristampato. Ora invece è uscito il volume edito da Laterza Storia della Repubblica Sociale Italiana, scritto da Mimmo Franzinelli, uno dei più importanti storici italiani del fascismo. «La Repubblica sociale», osserva Franzinelli, «era uno stato policentrico anche per volontà dei tedeschi che non volevano troppa concentrazione di potere in un solo luogo. Era decentrata, con una disseminazione territoriale oggi impensabile». 


LA CITTÀ FASCISTISSIMA

E quindi una buona parte della repubblica mussoliniana era dislocata anche nel Veneto (non nel Friuli, invece, perché era stato annesso al Reich). Un ruolo centrale lo giocava Verona, città fascistissima, con la componente repubblicana più forte ed estremista: non era un caso che il processo contro coloro che avevano sfiduciato Mussolini nel Gran consiglio del fascismo il 25 luglio 1943, si sia svolto a Verona, che a Verona si sia tenuto il primo e unico congresso del Partito fascista repubblicano. A Verona c'erano la sede della polizia tedesca nonché quella del ministero della Comunicazioni. Qualcuno ritiene che Verona fosse l'autentica capitale di quella che sarà impropriamente chiamata Repubblica di Salò.

Villa Feltrinelli, che fu l'ultima dimora di Benito Mussolini durante la Repubblica di Salo', vista dal lago. La villa diventera' un albergo di lusso.


DICASTERI DECENTRATI

I ministeri potevano essere suddivisi in sedi diverse, e in alcuni casi si sono trasferiti da un luogo all'altro della Rsi, per esempio il ministero per l'Agricoltura era stato spostato da Treviso a San Pellegrino Terme. Comunque, per tutto o parte del periodo che è durata la Repubblica sociale, a Venezia si trovavano il ministero dei Lavori pubblici e gli uffici del ministero della Cultura popolare che avevano a che fare con il cinema poiché Cinecittà era stata trasferita alla Giudecca, nel Cinevillaggio creato negli studi della Scalera film. Il teatro La Fenice veniva usato per le grandi manifestazioni di propaganda. Ad Asolo c'erano uffici della Difesa nazionale, a Crocetta del Montello aveva sede la Corte dei conti, a Valdagno, nella casa dei Marzotto, la direzione generale di Pubblica sicurezza, alla cui testa c'era Guido Leto, già capo dell'Ovra, che nel dopoguerra uscirà indenne dalle epurazioni utilizzando come strumento di scambio l'archivio della polizia (opportunamente epurato). 


LA MARINA TRA LE DOLOMITI

A Padova si trovava il ministero dell'Educazione nazionale, il ministro Carlo Alberto Biggini, viveva a palazzo Diena, requisito ai proprietari ebrei, mentre nella vicina Ponte di Brenta erano sistemati alcuni uffici del ministero dell'Economia corporativa. La Marina militare era stata prima a Belluno, poi a Vicenza, quindi a Montecchio Maggiore. L'Aeronautica stava a Bassano, il comando della X Mas a Lonato. A Venezia, nell'attuale sede della Scuola navale Morosini il 3 maggio 1945 si tenne quello che fu l'ultimo ammainabandiera di tutta la Rsi. Il trasferimento dei ministeri da Roma, avvenuto tra il dicembre 1943 e la primavera 1944, utilizzando treni e camion, aveva richiesto un enorme sforzo logistico, soprattutto per trasportare gli archivi e le attrezzature di Cinecittà, una parte delle quali erano finite direttamente nelle mani dei tedeschi. Poi c'era la questione del personale: il governo della Rsi pensava che buona parte dei funzionari ministeriali si sarebbero trasferiti da Roma al nord per adesione ideologica, invece furono pochissimi quelli che lo fecero. La maggior parte si è data malata: un bel certificato medico e se ne sono rimasti a Roma. Altri, invece, si sono fatti convincere da golose indennità di missione che alzavano consistentemente lo stipendio. 

FUNZIONARI SOLERTI

Di conseguenza il Veneto si è popolato di sussiegosi funzionari che spendevano e spandevano, che giravano in automobile quando la gente normale non aveva nemmeno le biciclette, e attiravano su di sé l'accesa antipatia della popolazione. Venivano genericamente additati come romani, anche se spesso provenivano dal Meridione, in una specie di anticipo del «fora i romani dal Veneto» destinato a furoreggiare qualche decennio più tardi. Il personale che non se n'era andato da Roma doveva essere sostituito e così vennero assunti giovani, a metà stipendio, creando una vera e propria schiera di precari, anche in questo caso anticipazione di quel che sarebbe accaduto in seguito. La morsa dei tedeschi, e dei reparti militari della Rsi, era molto tenace nel Veneto, «i tedeschi facevano attuare le rappresaglie più dure ai repubblichini» sottolinea l'autore. Gli episodi di violenza, come quelli descritti da Comisso furono numerosi e nel libro sono illustrati da un apparato fotografico che conta oltre 130 immagini. Quel che però ha sorpreso Franzinelli è la capillarità della persecuzione antiebraica: nel territorio della Rsi vivevano 32.307 ebrei, 9 mila dei quali moriranno nei lager. Si è verificata un'imponente caccia all'ebreo, molto sottovalutata dalla storiografia, e alimentata da gente comune che rubava o addirittura andava ad abitare nella case degli ebrei in precedenza da loro stessi denunciati. 


I tedeschi portavano via le persone, ma si disinteressavano dei loro beni: in seguito venivano spartiti a metà tra i poliziotti che avevano effettuato gli arresti e i delatori. E dopo? «L'episodio più grave è avvenuto nel carcere di Schio», spiega Franzinelli, «dove nel luglio 1945 i partigiani hanno massacrato 54 prigionieri, ma questo è un episodio conosciuto. Poco si sa, invece, delle uccisioni di civili, come la strage di Pedescala, nella Valdastico, per sgomberare la via della ritirata da parte di reparti tedeschi e repubblichini in fuga». 

Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 14:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci