VENEZIA - Ancora vongolari di frodo organizzati per andare a pescare nelle aree più inquinate della laguna, oltretutto con sistemi che danneggiano pesantemente fondali e habitat. E ancora una rete di commercianti che quelle vongole le ha portate sui piatti di mezza Italia, pur conoscendone la provenienza. Ecco le accuse che il sostituto procuratore, Giorgio Gava, torna a muovere ad un consistente gruppo di pescatori e commercianti del settore. In questi giorni il magistrato ha firmato 122 richieste di rinvio a giudizio. Coinvolte anche quattro società del settore. I reati vanno dal danneggiamento (contestato ai pescatori), alla frode nell’esercizio del commercio e alla ricettazione (per chi ha ricevuto e messo in commercio i molluschi pescati abusivamente). Un nutrito gruppo di pescatori è accusato di associazione per delinquere finalizzata al reato di danneggiamento. Ad altri imputati è contestata l’associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio. Ci sono anche imputazioni di falso. Secondo la Procura le vongole venivano acquistate dalle varie società senza i necessari documenti sanitari, per poi essere messe nel mercato nonostante potenzialmente dannose per la salute in quanto provenienti dall’area industriale a ridosso di Porto Marghera, piena di metalli pesanti e diossine.
LE RICHIESTE
Chiuse le indagini preliminari nel settembre scorso, in questi mesi sono arrivate in Procura le memorie difensive degli oltre 120 indagati. Due delle sei società inizialmente coinvolte - Acquaviva di Porto Viro e Lepore Mare, con sede a Fasano (Brindisi) - hanno sostenuto la loro buona fede. E le loro argomentazioni hanno convinto la Procura che ora chiede il rinvio a giudizio solo delle altre quattro: Ittica allevamenti Ca’ Pellestrina di Porto Tolle, Amo Mar di Pellestrina, Zamar di Ariano nel Polesine, Finittica di Goro. Tra gli indagati, solo qualche posizione è stata stralciata, in vista di una probabile archiviazione. Per la stragrande maggioranza, invece, Gava ha chiesto il rinvio a giudizio. In tutto 122 posizioni, appunto. Gran parte sono pescatori di Chioggia e Pellestrina, folto il gruppo di residenti nella provincia di Rovigo, in particolare a Porto Tolle. Ma ci sono anche persone del Ferrarese, di Napoli e Palermo. Ora la parola passa al giudice per l’udienza preliminare che dovrà decidere gli eventuali rinvii a giudizio.
IL SISTEMA
Un mercato redditizio e a rischio illegalità, questo delle vongole lagunari. Già nel 2015 un’altra maxi operazione, denominata “Laguna reset”, accese un faro sulla pesca abusiva nelle acque interdette per inquinamento e sui danni causati alla laguna. L’inchiesta finì con 110 patteggiamenti, mentre i 40 imputati che optarono per il dibattimento furono assolti in primo grado. L’appello è in corso in questi mesi. Ora questa nuova inchiesta che torna a sottolineare i danneggiamenti inflitti alla laguna dal sistema di pesca utilizzato da questi vongolari abusivi, i quali “arano” i fondali utilizzando motori fuoribordo che, immersi nella sabbia, convogliano i molluschi in gabbie metalliche munite di rete, trascinate dalle loro imbarcazione. Altra analogia con la precedente inchiesta, quella delle tecniche messe in piedi per eludere i controlli delle forze dell’ordine. Ad affiancare i pescatori, infatti, secondo la Procura, sono tornati anche i “pali”: persone piazzate in punti strategici per avvisare i pescatori di frodo dell’arrivo dei controlli, dandogli il tempo di dileguarsi.
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