Classi "pollaio", lezioni a distanza: protestano docenti e studenti

Giovedì 18 Giugno 2020
La protesta degli studenti al Liceo Marco Polo
VENEZIA Un intero collegio docenti di due istituti, Liceo Classico Marco Polo e Liceo Artistico, dice “no” alla didattica a distanza e reclama spazi, chiedendo di poter fare lezione in cinema, teatri e chiese sconsacrate. La presa di posizione dei professori veneziani, mandata al ministero della Pubblica istruzione, viene rilanciata nel giorno di inizio della prova di maturità in tempo di pandemia e non lascia margini a interpretazioni.
LETTERA AL MINISTRO
Nella lettera i docenti sottolineano come, nonostante la didattica a distanza, durante il periodo della sospensione della attività di insegnamento in presenza abbia consentito di mantenere una relazione educativa con gli studenti, questa debba essere considerata solo una misura strettamente emergenziale in quanto “rappresenta un pallido surrogato, in particolare per gli indirizzi musicale e artistico. La didattica a distanza non riesce a coinvolgere egualmente tutti gli studenti e favorisce un apprendimento passivo limitando lo spirito critico”, si legge ancora nel documento. Inoltre viene sottolineato che i problemi di sicurezza andrebbero affrontati tramite una riduzione netta del numero di studenti in aula. Sono infatti 4 le classi che di recente sono state tagliate o accorpate nei due istituti veneziani, in particolare 3 all’Artistico e 1 al Classico. Inoltre per l’anno 2020/21 si sta applicando il decreto presidenziale 81/2009 (riforma Gelmini) che prevede classi inziali con oltre 27 allievi, fino ad arrivare a 30. E questo, in vista della ripresa dell’anno scolastico con la necessità di distanziare sugli studenti. Di qui la richiesta del collegio docenti di allargare gli spazi, ma di trovare anche soluzioni esterne come cinema, teatri e chiese dismesse.
Il Consiglio quindi auspica “una revisione dei criteri di formazione delle classi, un aumento dell’organico dei docenti e investimenti significativi per garantire interventi urgenti per gli edifici scolastici, così da poter riaprire in sicurezza a settembre escludendo di dover ricorrere a qualsiasi forma ibrida di didattica”.
GLI STUDENTI
Una protesta, quella dei cocenti, rilanciata ieri mattina davanti al Larco Polo anche dl gruppo del Coordinamento studenti medi di Venezia e Mestre.
«La didattica online - hanno detto - non è diritto allo studio, a settembre vogliamo tornare a scuola in sicurezza».
«La maturità è la più evidente contraddizione della scuola ai tempi del coronavirus. Sono stati mesi difficili da sostenere per molti studenti e la scuola ancora non si è posta il problema del rientro a settembre - ha detto Anna Fasolo, porrtavoce degli studenti - Più che preoccuparsi della maturità, il governo dovrebbe garantire il diritto allo studio non normalizzando la didattica a distanza (Dad), ma occupandosi del rientro a scuola in totale sicurezza». Molti infatti sono i problemi riscontrati con le lezioni online: «Un sondaggio ci ha rivelato che oltre il 50% degli studenti non aveva computer, tablet o una connessione Wi-Fi per svolgere la didattica online. Problemi maggiori li hanno riscontrati le famiglie con più figli e un solo pc. - spiega invece Alessia Gatto, studentessa dell’Algarotti che tra pochi giorni dovrà affrontare l’esame di Stato - Inoltre è stato difficile rapportarsi e parlare con i professori per capire come muoversi, e poi c’erano le cadute di connessione. Questo ha influito moltissimo per chi ha dovuto preparare la maturità». L’inadeguato sviluppo tecnologico per una didattica ibrida prevista per settembre, che vedrebbe metà del lavoro in presenza e metà online, non è l’unica problematica.
«Da anni segnaliamo i problemi dell’edilizia scolastica, delle aule troppo piccole e delle classi pollaio». ha detto Nina Mingardi, un’altra studsentessa. A prendere parte alla protesta anche Stefano Micheletti di Cobas, docente al Liceo Artistico: «È scandaloso si parli dell’apertura delle discoteche ma non della scuola». 
Francesca Catalano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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