Diagnosi sbagliata: il tumore non esisteva. Arriva un ingente risarcimento

Domenica 10 Maggio 2020 di Gianluca Amadori
Diagnosi sbagliata: il tumore non esisteva. Arriva un ingente risarcimento
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CHIOGGIA - Per colpa della diagnosi sbagliata di un istituto di analisi privato e le mancate verifiche da parte dell'ospedale, una signora di Chioggia è stata operata al seno per un tumore inesistente. E non solo: dopo l'intervento, e i successivi esami istologici, i sanitari si resero conto che il tumore in realtà non c'era, ma si guardano bene dall'informare la paziente, la quale continuò per due anni a sottoporsi ai controlli, con la paura di possibili recidive.
L'incredibile vicenda è finita all'attenzione della sezione civile della Corte d'appello di Venezia che, accogliendo le istanze presentate dallo Studio legale Simonetti di Mestre, ha riconosciuto la responsabilità dell'accaduto, metà per ciascuno all'Istituto Pennelli srl di Chioggia e all'Ulss 3, subentrata all'Ulss di Chioggia, liquidando un ingente risarcimento per il danno sofferto dalla donna, anche a livello psicologico.

GRAVI ERRORI
L'intervento finito sotto accusa risale al lontano 2007: la signora, all'epoca quarantasettenne, si sottopose ad un controllo senologico in ospedale a Chioggia: le furono prescritte una mammografia e un'ecografia e, successivamente, una biopsia dal cui esito la diagnosi fu di carcinoma tubolare mammella destra. Di conseguenza fu effettuato un intervento di mastectomia e di successiva ricostruzione del seno che si concluse nel marzo del 2008. In tutto questo periodo e nei mesi dedicati ai successivi controlli, la paziente non fu mai avvisata dell'esito dell'esame istologico negativo e continuò a credere che il tumore ci fosse stato, e a temere possibili recidive. Ad insospettirla, però, fu l'atteggiamento dei medici che, al contrario di quanto era accaduto ad alcune amiche che avevano vissuto lo stesso calvario, non le avevano prescritto alcun ciclo di radioterapia, limitandosi a dirle di stare tranquilla che era tutto a posto.

Scoperta l'amara verità la donna si è rivolta quindi all'avvocato Guido Simonetti che, assieme al collega Enrico Penzo, hanno fatto causa alla Ulss 3, la quale a sua volta ha citato a giudizio il laboratorio che aveva analizzato il tessuto mammario, Pennelli srl. Alla Ulss è stato contestato di aver posto in essere un intervento radicale, invece che conservativo.
Sia Ulss che laboratorio Pennelli si sono difesi respingendo ogni addebito e assicurando la correttezza del loro operato, ma il Tribunale prima e ora la Corte d'appello sono stati di diverso avviso. La recente sentenza di secondo grado ha ripartito la colpa al 50 per cento tra laboratorio Pennelli e Ulss 3, come richiesto dallo studio legale Simonetti. Ma ci sarà spazio ancora per un ricorso per Cassazione: i legali della paziente, infatti, ritengano che debba essere sanzionato in maniera più pesante il silenzio doloso dei medici che nascosero alla donna la verità relativa al fatto che quello asportato non era un tumore.
Gianluca Amadori
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Ultimo aggiornamento: 17:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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