L'amore per Venezia di Henry James, scrittore e critico letterario

Mercoledì 11 Marzo 2020 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
Tra lui e Venezia fu amore a prima vista. Un “love affair”, così come lo definì lui stesso, fatto di quattordici permanenze in città, tra il 1869 e 1907 (prima in alberghi, poi ospite di compatrioti, infine a Ca' Barbaro sul Canal Grande), e della scrittura, all'interno della sua produzione decisamente corposa, di altrettante opere – tra romanzi, saggi e racconti – in cui Venezia fa da sfondo o vi compare da protagonista. Opere peraltro conosciutissime, se non addirittura immortali: “Il carteggio Aspern”, “Le ali della colomba” (ma, per altri versi e ambientazioni, “Giro di vite” e “Ritratto di signora”). Henry James arrivò – scrivendo in inglese, sua lingua madre – a parlarne col pronome femminile invece che neutro (in “Ore italiane”, del 1909), mentre diversi anni prima, nel 1882, all'inizio del suo idillio con la città, l'aveva personificata e addirittura erotizzata in un saggio, “Venezia”: “La creatura è mutevole come una donna nervosa che si conosce solo quando si sono scoperti tutti gli aspetti della sua bellezza. È vivace o depressa, pallida o sanguigna, grigia o rosa, fredda o calda, colorita o esangue, a seconda del tempo e dell’ora. […] Se ne diventa immensamente appassionati [...] Il luogo sembra farsi persona, divenire umano, sensibile, partecipe dei nostri affetti.
Si desidera abbracciarla, carezzarla, possederla; e alla fine sorge una dolce sensazione di possesso, e la visita diventa un legame d’amore perpetuo”. Una dichiarazione notevole per un uomo altrimenti distaccato e molto lontano da coinvolgimenti passionali (per quanto amante della socialità), al punto da aver fatto ritenere a diversi commentatori delle sue opere e della sua vita che fosse omosessuale – di fatto, non si sposò mai, né sono conosciute relazioni amorose – ma che reprimesse i suoi sentimenti. Nato a New York il 15 aprile 1843 in una ricca famiglia di intellettuali (il padre, Henry James Senior, fu un teologo e filosofo con l'interesse per la letteratura), fin da giovane fece continui viaggi con la famiglia tra l'America e l'Europa, manifestando molto presto la sua propensione per l'attività letteraria e divenne anzi protagonista di una delle svolte psicologiche del romanzo moderno, attraverso l'uso del monologo interiore e del punto di vista soggettivo, in opere – come le sue – che sono in gran parte fondate sui temi della coscienza e della moralità. Come critico letterario, ritenne di dover ribadire con forza come gli scrittori fossero chiamati a presentare, attraverso le loro opere, la loro visione del mondo. Dopo un periodo parigino, nel 1876 – a 33 anni – si trasferì definitivamente in Gran Bretagna; a quell'epoca era già stato molte volte a Venezia e ne aveva già scritto per esempio in “Compagni di Viaggio”, del 1869: “Mi aggirai per una mezz’ora – scrive di una visita a San Marco – sotto quelle coppe rovesciate di tenebra scintillante, inciampando sui gran rigonfiamenti del lastricato di pietra mentre fissavo lo sguardo in alto, verso i lunghi santi in mosaico che s’inchinano giganteschi con la curva della cupola e del soffitto. Avevo lasciato l’Europa; ero in Oriente.” Ma è ne “Il carteggio Aspern” che le sensazioni si fanno più vivide: “Nel giro di cinque minuti sbucammo in Canal Grande; e a questo punto emise un mormorio d’estasi non meno spontaneo che se fosse stata una turista appena arrivata. S’era dimenticata di quanto apparisse splendida quella gran via d’acqua in una chiara sera d’estate, di come il senso di galleggiare tra i palazzi di marmo e luci riflesse disponesse la mente alla libertà, all’agio”. Non potendo certo immaginare il futuro della città, ne “Le ali della colomba” fu – curiosamente – in qualche modo un teorizzatore degli attuali Bed & Breakfast: “A Venezia, per favore, se è possibile, niente orribili, volgari alberghi: ma se appena è fattibile, alcune belle vecchie stanze, del tutto indipendenti per un po’ di mesi […] parte di un palazzo, storico e pittoresco…”. Nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale, indignato per il mancato intervento americano, divenne cittadino britannico; quello stesso anno, il 2 dicembre, ebbe un attacco di cuore. Morì a Londra tre mesi più tardi, il 28 febbraio 1916.
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