Soldi mai incassati, ma l'ex assessore Chisso rischia fino a 3 anni di carcere

Giovedì 3 Ottobre 2019 di Maurizio Dianese
Soldi mai incassati, ma l'ex assessore Renato Chisso rischia fino a 3 anni di carcere
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VENEZIA - Tre anni di reclusione. È quanto rischia l'ex assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso, se verrà rinviato a giudizio per dichiarazione infedele ovvero per non aver inserito nel 740 del 2011 la bellezza di 1 milione 800 mila euro. Che, peraltro, Chisso non ha mai incassato. La storia è questa: Renato Chisso, stando alle dichiarazioni di Claudia Minutillo, l'ex segretaria di Giancarlo Galan, possedeva le quote della società Adria Infrastrutture di cui la Minutillo era anche amministratore unico. Ebbene, nel 2010 le quote sono state vendute alla Mantovani, che ha staccato un assegno di quasi 2 milioni di euro. Quei soldi andavano dichiarati. Solo che Chisso non poteva dichiararli perché non li aveva visti nemmeno in fotografia. 
 
L'ASSEGNO
L'assegno infatti era stato incassato dalla Minutillo come lei stessa ha ammesso - e i soldi sono rimasti sul conto corrente della Minutillo. Poi, nel giugno del 2014 Chisso era stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta sul Mose e dopo qualche mese aveva patteggiato 2 anni e 10 mesi. La storia sembrava chiusa e invece no perchè restava aperta la partita dei quattrini incassati sui quali non erano state pagate le tasse. E infatti adesso succede che il giudice per le indagini preliminari, che sta valutando la posizione di Chisso per quanto riguarda le dichiarazioni dei redditi, sostiene che per quel milione e 800 mila euro non dichiarato da Chisso bisogna celebrare il processo. 

LA LEGGE DEL 93
Questo del resto sostiene una legge del 1993 che prevede l'obbligo di inserire in dichiarazione dei redditi qualsiasi provento, anche illecito. Il che significa che il rapinatore, ad esempio, una volta effettuato il colpo, deve dichiarare i soldi della rapina e su quei soldi pagare le tasse. Un meccanismo che, secondo la Corte europea, non ha senso per il principio del nemo tenetur se detegere e cioè che nessuno può essere obbligato ad autoaccusarsi. La Corte di Cassazione invece ritiene che questo principio non possa essere applicato in alcuni casi e quello di Chisso del 2011 secondo il Gip potrebbe rientrare in uno di questi casi. Tant'è che, nonostante la richiesta di archiviazione presentata dalla pubblica accusa, e accolta dal Gip per le dichiarazioni dei redditi dal 2009 al 2013, ha deciso di chiedere ulteriori accertamenti sul 2011, dando tempo due mesi al p.m per tornare in aula con delle spiegazioni. E, se le spiegazioni che verranno fornite dal pubblico ministero non convinceranno il Gip, ci sarà il rinvio a giudizio di Chisso il quale rischia da uno a tre anni di reclusione. Non solo, sempre per quei 2 milioni di euro che ha incassato solo in teoria mentre sono rimasti nel conto corrente della Minutillo - rischia di essere chiamato anche a pagare al Fisco, tra multe e sanzioni varie, anche 778 mila euro. 
Maurizio Dianese
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