Lazzaro Mocenigo, capitano da Mar, eroe di guerra

Lunedì 27 Aprile 2020 di Alberto Toso Fei
Lazzaro Mocenigo (1624-1657) Capitano da Mar, eroe di guerra
Dopo esser stato il protagonista vittorioso di mille battaglie combattute sul mare, morì colpito dall'albero della sua ammiraglia, a sua volta abbattuto da una cannonata turca sparata da terra sullo stretto dei Dardanelli. Era il 1657: lui si chiamava Lazzaro Mocenigo, e da decenni le battaglie navali tra turchi e veneziani erano all'ordine del giorno, con le armate della Serenissima impegnate a rintuzzare le schiere ottomane e a difendere Candia (dopo la caduta di Cipro) al comando di capitani come Lorenzo Marcello, vero spauracchio delle truppe nemiche, morto l'anno precedente proprio ai Dardanelli; o di Francesco Morosini, che più tardi contese metro per metro i territori del Peloponneso e si spinse fino al Pireo; e appunto di Mocenigo, dotato di grande intuito strategico unito a una forte carica di spavalderia.
In quegli anni Venezia mantenne a lungo la superiorità sui mari vincendo numerose battaglie ma non riuscì mai a bloccare completamente lo stretto dei Dardanelli e dunque a impedire in maniera decisiva il rifornimento delle truppe turche presenti a Creta. Protagonista di questa supremazia fu sicuramente Mocenigo, che era nato a San Stae il 9 luglio 1624 da Giovanni di Antonio e da Elena di Antonmaria Bernardo e non si era mai sposato, abbracciando in maniera totale la carriera militare. Nel 1646 era già vicegovernatore di galeazza come volontario in armata e quattro anni più tardi perdette un dito a Paros a causa di una fucilata nemica (nel corso della stessa battaglia in cui continuò a combattere con una freccia piantata al braccio sinistro). Tornò a Venezia e fu designato come magistrato al Sale, ma non faceva per lui: tra la fine del 1654 e i primi mesi del 1655 ricominciò le sue scorrerie come capitano delle navi per poi unirsi alla flotta del provveditor d’Armata Francesco Morosini di fronte ai Dardanelli, per la prima di tre battaglie (l'ultima fu quella in cui trovò la morte), che avvenne il 21 giugno e si protrasse per 17 ore. Nello scontro Lazzaro Mocenigo investì le navi turche costringendo alla fuga lo stesso ammiraglio Mustafà: i caduti turchi furono migliaia, decine le navi e i cannoni catturati, altri legni dati alle fiamme. Il 23 giugno dell'anno successivo combatté ancora su quelle acque, come attendente in una delle 66 navi poste sotto il comando del capitano generale da Mar Lorenzo Marcello: una battaglia di 14 ore con la quale la flotta turca, forte di 94 unità, tentò di sfondare il blocco. Fu una disfatta per gli ottomani, che persero 84 imbarcazioni a fronte di tre, e diecimila uomini contro trecento veneziani, tra cui Marcello che perì nel pieno della battaglia e fu coperto con un telo per non demoralizzare i suoi soldati. Lazzaro Mocenigo assunse il comando e da quel momento divenne “Kor Kaptan” (ossia «capitano orbo», per aver perduto un occhio in quella battaglia). Mocenigo era un eroe: fu eletto procuratore di San Marco e ricominciò un'offensiva vittoriosa; macinò una vittoria sull'altra, ma il destino era in agguato. L'impero ottomano riorganizzò la flotta nel corso di un intero anno, e i veneziani si spostarono nuovamente con la loro di fronte ai Dardanelli. Ma stavolta c'era una novità: l’esercito del Gran Visir, di ben cinquantamila soldati, che aveva piantato le tende lungo le sponde del canale.
Questa volta, anche a causa dei forti venti, la battaglia si protrasse per tre giorni, con lunghe pause dettate dall'ingovernabilità delle navi. Ma i primi scontri furono ancora favorevoli ai veneziani, e Lazzaro Mocenigo peccò di superbia: consultatosi con l'altro comandante, Marco Bembo, decise di infilare a gran velocità lo stretto per arrivare a farsi vedere dalle mura di Topkapi, a Costantinopoli, e mostrare al sultano il furore e la potenza della Serenissima sui mari.
Ma dalle batterie lungo la costa partirono dei colpi di cannone, e la generalizia fu colpita nel deposito delle polveri. L'esplosione che ne conseguì abbatté l'albero maestro, che investì in pieno “Kor Kaptan”. Era il 19 luglio 1657. E malgrado anche questa spedizione risultò alla fine vittoriosa, le velleità veneziane sui Dardanelli morirono con lui.
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