Omicidio di Mariarca, il pm chiede l'ergastolo per il marito reo confesso e "pentito"

Venerdì 28 Settembre 2018
Omicidio di Mariarca, il pm chiede l'ergastolo per il marito reo confesso e "pentito"
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MUSILE DI PIAVE - La Procura vuole che Antonio Ascione, accusato di aver ucciso la moglie Maria Archetta Mennella, venga condannato all'ergastolo. La richiesta di condanna è stata formulata  dal pm Incardona, titolare dell'inchiesta sul delitto avvenuto il 23 luglio 2017 a Musile di Piave. Ascione, 44 anni pizzaiolo originario di Torre del Greco e difeso dall'avvocato Giorgio Pietramala, ha deciso di optare per la formula del rito abbreviato che in ogni caso gli consente uno sconto di un terzo della pena per evitare l'ergastolo. La richiesta del pubblico ministero non è casuale. Incardona contesta all'imputato di aver agito con premeditazione, per motivi futili e abietti contro una persona legata da vincoli di parentela e anche approfittando dello stato di minorata difesa della vittima, colpita nelle prime ore del mattino quando Mariarca, 38 anni, era distesa a letto.
Ieri pomeriggio Ascione, presente in aula, si è scusato per quello che ha fatto e si è anche commosso. «Sono morto anch'io quel giorno - ha aggiunto - meriterei di essere buttato via». Ha detto che è profondamente dispiaciuto soprattutto per i due figli, che rischia di non vederli mai e di non poterli accompagnare alle partite di calcio, e ha poi affermato di essersi rovinato la vita. Va detto che la famiglia della vittima, alla luce di queste dichiarazioni, ha subito affermato di non credere affatto in questo pentimento.
L'EPISODIO
Il 23 luglio del 2017 fu lo stesso Ascione a telefonare ai carabinieri di San Donà per annunciare di aver ucciso la moglie. Due giorni più tardi, nel corso dell'interrogatorio di convalida dell'arresto, l'uomo confessò il delitto. Ascione raccontò che, la sera precedente all'accoltellamento fatale, si era verificata un'animata discussione con la donna (che lo stava ospitando nel suo appartamento), in quanto gli aveva confermato di voler troncare definitivamente la relazione per rifarsi una vita. L'uomo disse al giudice di avere trascorso una notte insonne e, al mattino, nel corso dell'ennesima lite, di aver preso un coltello da cucina con cui ha colpito ripetutamente la moglie: uno dei tre fendenti le ha perforato il polmone sinistro, provocandone il decesso.
L'UDIENZA
Ieri l'avvocato di parte civile Alberto Berardi, che assiste la famiglia della vittima in collaborazione con lo Studio 3A, ha più volte sottolineato che in questo processo ci sono tutti gli estremi della premeditazione anche alla luce di alcuni messaggi telefonici di qualche settimana prima. Il risarcimento richiesto è di 300mila euro per ogni figlio, 200mila per la mamma della vittima e 100mila per ogni fratello (in tutto un milione e 300mila).
LA DIFESA
Di diverso parere l'avvocato Giorgio Pietramala. Nella sua appassionata ricostruzione dei fatti il legale ha duramente contestato i futili motivi e ha anche cercato di smontare l'ipotesi di premeditazione, affermando che dagli elementi emersi si può più che altro ipotizzare una sorta di raptus. E la telefonata rivolta alle forze dell'ordine confermerebbe questo scenario. Il legale ha inoltre ricordato che l'accusato non è scappato.
L'udienza è stata quindi rinviata al prossimo 4 ottobre quando, con ogni probabilità, verrà emessa la sentenza.
Gianpaolo Bonzio
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Ultimo aggiornamento: 14:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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