VENEZIA - La vedova di Ivan Busso - 42enne morto di Covid il 1. gennaio - vuole capire se al marito, contagiato dal Covid, sia stata in realtà fatale l’infezione batterica contratta all’ospedale di Dolo.
Il decesso classificato da Covid dell’appena quarantaduenne di Malcontenta, che peraltro non soffriva di patologie pregresse, all’ospedale dell’Angelo, ha destato sconcerto, sia per l'età, sia perché Busso era conosciutissimo, anche per la particolare attività di falconiere.
L’uomo aveva accusato i primi segni del contagio ad inizio dicembre, con i classici sintomi (febbre alta, tosse e affaticamento respiratorio). Ora la vedova precisa di non aver nulla contro i sanitari che hanno assistito il marito a Dolo, dal 9 dicembre. Elisa, tuttavia, vuole capire come sia stato possibile che il marito abbia potuto contrarre durante il ricovero due batteri, in particolare l’Acinetobacter, assai resistente, e, soprattutto, quanto quest’ulteriore infezione abbia influito sul tragico epilogo della malattia, considerato anche il fatto che prima che subentrasse tale complicazione, di cui è stata informata il 18 dicembre, Ivan era in costante miglioramento, gli era stata ridotta la saturazione dell’ossigeno del 50% e i medici stavano pensando di diminuire i farmaci della sedazione per risvegliarlo. In pratica secondo la vedova Busso il Covid lo aveva superato, pochi giorni dopo era stato comunque estubato, il 21 dicembre aveva soltanto la maschera di ossigeno e aveva potuto effettuare una videochiamata anche alla figlioletta di due anni: il 22 e il 24 dicembre i tamponi a cui si era sottoposto erano risultati negativi.
Per contro, tuttavia, i medici non riuscivano ad avere ragione del batterio, nonostante i 7 diversi tipi di antibiotico con cui avevano provato. Finché la situazione è di nuovo precipitata, la saturazione di ossigeno nuovamente crollata e a Natale, l’ultimo giorno in cui la moglie ha potuto sentirlo, si è stati costretti a intubarlo nuovamente.
Inoltre, la vedova chiede di sapere perché si sia deciso di tentare con l’Ecmo, l’ossigenazione extracorporea a membrana, solo il primo gennaio. Per essere aiutata ad avere risposte la donna si è rivolta a Studio3A, società specializzata nel risarcimento danni e tutela dei diritti, e martedì scorso è stato presentato un esposto-querela.