Bartali, il ricordo dell'amico Bruno Carraro: «Quanto ci dovertivamo a chiamarlo Ginettaccio... e lui s'infuriava»

Martedì 5 Maggio 2020 di Francesco Coppola
L'arrivo di Bartali a Farra di Soligo
Il lungo periodo di quarantena  sta mettendo a dura prova il ciclismo anche se è di oggi la notizia delle nuove date per il Giro d'Italia. Una situazione che ha spinto i nostalgici a non arrendersi e a mettere ordine agli archivi dei ricordi anche per rivivere quelli che sono stati i più bei momenti regalati dai grandi del passato. Così il patron delle tappe del Giro d'Italia nel veneziano, Bruno Carraro, in occasione del 5 maggio, giorno del 20. anniversario della scomparsa di Gino Bartali, ha riscoperto un gran numero di inediti documenti e immagini del campione al quale era legato da una profonda amicizia.

«Ginettaccio, come ci divertivamo a chiamarlo mentre brontolava - ha proseguito l'imprenditore veneziano - era legato al Veneto e non perdeva occasione di raggiungerlo, con la sua utilitaria, per stare con gli amici. Ricordo con affetto le volte che il campione olimpico Franco Testa, presidente del Gc Mogliano, lo invitava per dare il via alla stagione del cross. Gino prima e dopo l'evento mi raggiungeva a casa, a Santa Maria di Sala, perché le nostre famiglie erano legate da amicizia e io ne approfittavo per fargli autografare i suoi vari cimeli e per stuzzicarlo sulla rivalità con Fausto Coppi. Lui non si scomponeva e da finto burbero mi rispondeva con ironia. Parole che davano un quadro ben preciso del rispetto che nutriva nei confronti di Coppi. Bartali a prescindere dalle stupende pagine di sport che ha scritto - ha continuato Carraro - era straordinario. Una persona che nel periodo del nazi-fascismo ha rischiato tante volte la propria vita per aiutare gli indifesi e i perseguitati e ha contribuito alla liberazione del Paese».

Carraro non dimentica i momenti che seguirono all'incidente d'auto e salvarono Bartali. «Erano le 10.15 del 18 ottobre 1953 - ha raccontato Carraro - e mi trovato a Cermenate quando mi accorsi che a un incrocio un Fiat 1100 si scontrò con una Lancia Aurelia finita poi in un fossato. Mi precipitai sul posto e vidi che all'interno c'erano tre persone imprigionate: dietro il corridore Erminio Leoni, il massaggiatore Natalino Fossati e Dino Ravazzini; davanti, al posto di guida, a destra, l'ingegnere Giuseppe Fenaroli. Proiettato fuori dall'auto disteso sul prato e con le gambe per aria c'era Gino. Fu Augusto Introzzi, un ex corridore e gregario di Bartali, a riconoscerlo per primo. Dopo aver avviato i soccorsi lo caricammo su una Giardinetta per trasportarlo all'ospedale di Cantù e poi fu trasferito a San Camillo di Milano. Gino subì alcune fratture e non perse mai conoscenza. Ricordo che in quei momenti concitati del trasporto mi disse: ci è andata male, ma poteva andar peggio. Da allora l'amicizia con Gino e la sua famiglia si cementò.
 
Ultimo aggiornamento: 16:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci