Prezzi da fame, e allora i condadini distruggono i campi di radicchio: così evitano i costi della raccolta

Martedì 19 Ottobre 2021
Prezzi da fame, e allora i condadini distruggono i campi di radicchio: così evitano i costi della raccolta
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CHIOGGIA - Manca una programmazione della produzione e una gestione unitaria della commercializzazione. Sono questi, secondo Paolo Quaggio, presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori) di Venezia, i limiti strutturali che stanno alla base del crollo del prezzo del radicchio di Chioggia che si registra in questi giorni. Un crollo che, come sempre, riguarda i produttori, non i consumatori. Questi ultimi, infatti, trovano il radicchio, al supermercato, a 1.80 2 euro al chilo. Nei luoghi più lontani dalle zone di produzione, si arriva anche a 3 euro al chilo. Ma i coltivatori se lo vedono pagare tra i 5 e i 7 centesimi al chilo. Un prezzo assolutamente non remunerativo, tanto che alcuni agricoltori della zona di Chioggia hanno già cominciato a fresare i campi, distruggendo le piante, per non addossarsi anche i costi della raccolta.

Un controsenso se si pensa che, in primavera, il radicchio veniva venduto, al mercato di Brondolo, tra 1.30 e 1.60 euro al chilo.

Va detto che la campagna di raccolta di questa primavera seguiva l'annus horribilis del 2020, in cui la chiusura di molti circuiti commerciali, causa pandemia, e la concomitante presenza di grandi scorte di prodotto conservato in frigo, avevano fatto crollare i prezzi. La scorsa primavera le scorte in frigo erano venute meno, la produzione, per un certo periodo, era stata contenuta e i circuiti commerciali erano ripartiti. Da qui la buona performance di prezzi. Ma ora, con la raccolta autunnale, siamo punto e a capo: troppo radicchio e prezzi bassi. Non solo: quello che oggi verrà stoccato contribuirà ad abbattere i prezzi dell'anno prossimo. «Il radicchio a Chioggia commenta Quaggio è una produzione molto diffusa, ma la situazione che si sta registrando in questi giorni dimostra esplicitamente che c'è più di un problema. Occorre superare la frammentazione dei produttori e soprattutto programmare: perché altrimenti, come al solito, ad essere massacrati sono solo gli agricoltori. La vendita diretta non può essere la soluzione, perché il territorio locale non è in grado di assorbire la produzione. Il filone della quarta gamma (l'ortofrutta fresca, lavata e confezionata da supermercato) non è sufficiente a riequilibrare il mercato». «Senza una seria programmazione, si corre il rischio di svilire una produzione così importante. E infine bisogna capire, nella filiera che va dal campo al consumatore, dove si fermano i guadagni. Sicuramente conclude il presidente di Cia Venezia - viste le cifre che ci segnalano i nostri soci, non nelle tasche degli agricoltori». (d.deg.)

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