VENEZIA - Una confidenza ed un post in Facebook, al quale i veneziani hanno risposto con più di 300 messaggi. La richiesta di aiuto proviene da Gazmdend Aslani, di nazionalità kosovara.
È invece necessario agire proprio al contrario, promuovendo a Venezia questi antichi ed utilissimi mestieri artigianali». Gazmdend Aslani ha 38 anni, sposato con quattro figli, al pari degli altri fratelli poco più giovani. «Abbiamo visto che nel centro storico c’era mancanza di calzolai - ha confermato Gazmdend - Nel 2013 ho rilevato l’attività a Dorso Duro da un anziano calzolaio, Pietro Rizzi, che andava in pensione dopo 52 anni di lavoro. Una bottega storica, risalente ai primi anni ’60. Così ne ho ereditato anche la clientela, che si è trovata egualmente bene con me. Stavo andando discretamente, poi la pandemia ci ha disturbati molto. Adesso tutto sta riprendendo e vorrei aprire un secondo negozio a Venezia, dove il calzolaio manca. Noi fratelli amiamo questo mestiere, ed anche se viviamo con qualche difficoltà, siamo convinti che in centro storico il lavoro non manca. Sapevo già lavorare, facevo qualcosa in Kosovo; ma è stato il signor Pietro ad insegnarci bene il mestiere e gli siamo particolarmente grati».
I tre kosovari, quindi, hanno seguito l’antica prassi del garzone da bottega, così l’esperienza ed il sapere sono stati loro tramandati come ai vecchi tempi. «C’è chi teorizza la sparizione dell’artigianato nelle città d’arte - commenta Gianni De Checchi, segretario di Confartigianato - questo esempio è la palpabile dimostrazione che dove c’è la necessità da parte della gente, i mestieri non moriranno mai. Si dice che non c’è ricambio giovanile e generazionale: questi kosovari ci insegnano che basta non essere schizzinosi ed aver voglia di lavorare».