Venezia, «Banksy? Ci sta che si dissolva, il murale fatto lì non è casuale»

Venerdì 29 Settembre 2023 di Davide Scalzotto
«Banksy? Ci sta che si dissolva, il murale fatto lì non è casuale»

VENEZIA - «San Pantalon Number One, nulla è casuale: ma se quello veramente è un murale di Banksy bisogna lasciare che si dissolva, perché questo è il messaggio dell'opera dell'artista». Marco Nereo Rotelli nel palazzo veneziano affacciato sul rio Novo affrescato con "Il bambino migrante" (quello che vox populi attribuisce a Banksy), ci ha vissuto per 20 anni. Veneziano, allievo di Emilio Vedova, trapiantato a Milano dove ha un laboratorio/casa/atelier da 3mila metri quadrati, artista di dimensione internazionale della luce, del colore e della parola, Rotelli ha una certezza. «Quell'affresco non poteva che essere fatto lì». Perché quel palazzo ha una storia da raccontare, ora che - come spesso avviene grazie a un'opera d'arte - oltre a una storia ha assunto anche un valore, come parte esso stesso di un'opera d'arte. Il caso, sollevato dal Gazzettino, ha riacceso i riflettori sul murale, sull'autore, sull'edificio. L'opera è in deperimento e si sta discutendo se restaurarla o lasciarla andare. I proprietari hanno chiesto di poter intervenire, la Soprintendenza ha affermato di non essere competente perché si tratta di opera con meno di 70 anni. A questo punto manca solo la voce dell'autore (o degli autori).
«Do una notizia...

l'ho fatto io, non Banksy - abbozza Rotelli - Ne ho fatti parecchi, per i muri delle città. Scherzi a parte, a quel palazzo sono affezionato e la vicenda mi coinvolge. Dico la mia da artista? Banksy nel suo processo creativo prevede la distruzione dell'opera (come già evidenziato nell'articolo apparso venerdi scorso sul Gazzettino, ndr), è stata anche venduto all'asta un suo lavoro che poi si è autodistrutto. Quindi, lasciar deperire e cancellare quell'affresco è nella natura delle cose, rispetta il codice artistico di Banksy (se l'opera è sua). Viceversa, se i proprietari volessero mai restaurare l'edificio e pensassero di dare una bella mano di intonaco al muro, in quel caso l'opera andrebbe staccata e portata da un'altra parte. Ma tutto questo non poteva che avvenire lì, in quel palazzo che noi da studenti chiamavamo "San Pantalon number One", perché è il civico 1 di San Pantalon. Avevamo anche fatto una squadra di cacio con quel nome».

STORIE DI UN'ALTRA VENEZIA

Un palazzo che racconta storie di persone e di un'altra Venezia, sempre e comunque legate agli artisti. «Il proprietario - racconta l'artista - era il marchese Luigi Duran de la Penne, ammiraglio della Marina, celebre per l'affondamento ad Alessandria d'Egitto nel 1941 della nave da guerra inglese Valiant, nella storica missione dove vennero impiegati i "maiali", i siluri del sommergibile Scirè». E già così si capisce che la storia di "San Pantalon number One" non poteva essere banale. «Io ci ho abitato 20 anni - prosegue Rotelli - in una mansarda. Casa mia è sempre stata aperta, allora come adesso. Era un via vai di studenti, artisti, promettenti intellettuali, come Massimo Cacciari, il filosofo Franco Rella, Achille Bonito Oliva, Maurizio Pellegrin, Agostino Perrini. C'erano anche personaggi, come Giancarlino, uno stilista che oggi lavora a Parigi che girava per Venezia con un fagiano al guinzaglio. Quell'edificio ne ha passate parecchie, ma era diventato uno dei simboli di una Venezia vivace, che mi piacerebbe ritrovare - conclude Rotelli- L'affresco attribuito a Banksy ha lanciato un messaggio, non so se chi l'ha fatto sia stato a conoscenza di cosa ha rappresentato "San Pantalon number One". Ma non poteva scegliere supporto migliore per comunicare».

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