PORDENONE E UDINE - Inizia un’altra partita: evitare la zona rossa. E in una situazione fluida come quella attuale, nulla è scontato. Se i parametri che hanno causato l’ingresso nella zona arancione ormai sono chiari (capacità di tracciamento diminuita e alta incidenza del contagio sulla quota giornaliera di tamponi), ora bisogna tenere d’occhio un altro indicatore: il ritmo con cui crescono i ricoveri in area non critica. Si tratta dei pazienti che entrano in ospedale a causa del Covid ma che non sono così gravi da richiedere il trattamento intensivo. È il cuore dell’emergenza nella seconda ondata, dal momento che i letti di Rianimazione vengono occupati con minor frequenza rispetto a quanto accadeva in primavera. E anche in Fvg si è accesa la spia. I valori sono ancora sotto soglia, ma sarà fondamentale, nei prossimi giorni, vedere un rallentamento della corsa dei ricoveri. Altrimenti il rischio è che sforando un parametro cruciale come quello della tenuta ospedaliera ci possano essere altri provvedimenti.
I NUMERI
Oggi in Friuli Venezia Giulia sono ricoverate nei reparti non critici degli ospedali 407 persone. Il tasso di occupazione dei letti a disposizione del sistema sanitario regionale (non si fa riferimento solamente agli spazi dedicati al Covid) è pari al 32 per cento (su circa 1.200 posti), quando la soglia d’allarme è fissata dal ministero della Salute al 40 per cento. Ma a preoccupare non è tanto il dato attuale, cristallizzato, quanto il ritmo dell’aumento. L’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, segnala che in regione si assiste a un incremento giornaliero che oscilla tra l’uno e il due percento. Significa che in meno di dieci giorni si potrebbe raggiungere la soglia gialla del 40 per cento, e in due settimane abbondanti quella rossa del 50 per cento di tutti i letti disponibili in regione. Bisogna precisare che il passaggio a un’eventuale zona rossa non sarebbe automatico: il Lazio, infatti, è ancora in zona gialla pur avendo il 48 per cento dei letti occupati. Certamente, però, non sarebbe un bel segnale da “inviare” a Roma dopo lo sforamento dei due parametri “colpevoli” del declassamento in zona arancione. La resilienza del sistema sanitario, infatti, è tra i parametri più importanti nella valutazione dell’impatto della pandemia. Oggi in Fvg ci sono circa 600 letti dedicati unicamente al Covid, e la soglia di allarme si avvicina ogni giorno di più. Come detto, la situazione in Terapia intensiva è meno grave, dal momento che l’indicatore è al di sotto del 30 per cento e che il ritmo di occupazione dei letti non sembra galoppare.
L’ORIZZONTE
Intanto la Regione sta preparando il primo report “figlio” della zona arancione.
NEL PORDENONESE
I ricoveri d’urgenza non accennano a fermarsi. Nell’ospedale di Pordenone negli ultimi giorni c’è stato un nuovo picco. Ormai l’afflusso di pazienti Covid è circa il doppio rispetto alle dimissioni che possono essere disposte. In poco più di una settimana si è passati da circa cento a 140 pazienti ammalati di Covid ricoverati. I posti letto sono diventati insufficienti. Tanto che la direzione dell’Asfo proprio in queste ore starebbe decidendo di approntare un quarto reparto Covid al Santa Maria degli Angeli. I reparti che erano stati previsti infatti non sono più in grado di accogliere ammalati. A questa situazione va aggiunta l’emergenza dei Pronto soccorso che sono da giorni in affanno. Ormai pieni da giorni anche i dodici posti della Terapia intensiva.
E il reparto della Medicina dell’ospedale di Spilimbergo - che avrebbe potuto rappresentare una sorta di “valvola di sfogo” per Pordenone - è stato blindato: quasi una decina sono gli operatori (tra medici e infermieri) positivi. L’insufficienza di personale non consentono più ingressi. Mano a mano i pazienti che ci sono ora dovranno essere dimessi o trasferiti in modo da consentire la sanificazione e la riapertura del reparto. Sempre che ci sia il personale per poterlo fare. Inoltre, la situazione è resa ancora più pesante dall’assenza negli ospedali e nei distretti sanitari dell’Asfo, a causa del contagio da coronoavirus, di un centinaio tra infermieri, oss e medici che sono costretti alla quarantena. Assenze che mettono ancora più in difficoltà i reparti e il personale che deve fare fronte all’emergenza con turnistiche sempre più complicate da far quadrare. Con questa settimana il piano di emergenza che era stato predisposto nelle settimane scorse - reso ormai insufficiente dall’avanzare dell’ondata di ricoveri - prevede una ulteriore riduzione delle attività chirurgiche. Delle cinque sale operatorie rimaste dopo la prima riduzione ne resteranno quattro: due dedicate alle diverse urgenze, due ai casi oncologici. Una strategia che consente di liberare personale medico e infermieristico da destinare ai reparti Covid. Che, già dalle prossime ore, potrebbero moltiplicarsi a quattro. Il flusso in entrata di pazienti è infatti il doppio delle dimissioni: servirebbe una struttura esterna a bassa intensità per accogliere chi è in grado di lasciare l’ospedale. Ma l’Rsa di Maniago non è ancora pronta.
Ai reparti della Medicina (il secondo è stato attivato una decina di giorni fa) che garantiscono circa 90 posti letto si sommano i 34 della Pneumologia (una decina dei quali di semi-intensiva). Nel fine settimana sono stati convertiti anche i circa 20 posti letto della Chirurgia della mano, dove si sono sospesi gli interventi non urgenti. Ma si è visto che i posti potrebbero non bastare. Sarà perciò necessario ricavare una ulteriore area Covid nel Dipartimento delle chirurgie nel padiglione A. Non sembra praticabile l’ipotesi della Degenza breve in quanto sono diversi i pazienti che non possono essere dimessi o spostati. Probabilmente una trentina di posti letto sarà ricavata in uno dei reparti chirurgici. Nella speranza che la curva dei ricoveri fletta. Resta poi il grave problema della mancanza di personale. E dagli operatori si leva un disperato appello: serve accelerare le assunzioni.