La ragazza rock partita dal Friuli diventata regina della moda a Londra

Venerdì 12 Aprile 2019 di Camilla De Mori
Veronica Bertozzi
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UDINE Giura di essere la stessa «ragazza rock and roll» di quando, a 19 anni, con un diploma in ragioneria dello Stringher in tasca, prese il volo per Londra, via da quel Friuli che le stava «strettissimo» perché, racconta era «malata di moda» da quando di anni ne aveva 3. «Da ragazza, cercavo di vendere i libri di scuola per comprarmi le riviste di fashion e i vestiti e poi studiavo sulle fotocopie», racconta divertita Veronica Bertozzi, che, dopo una sfavillante carriera, è diventata da marzo del 2018 presidente dei negozi monomarca e multimarca in Europa, Medio Oriente e Africa del gruppo Stella McCartney (sì, proprio la figlia stilista dell’ex Beatle Paul). E c’è da crederle, anche se oggi frequenta i party con Madonna, Bono Vox, Kylie Minogue e Gwineth Paltrow, quando dice che, per lei, la vera vacanza è tornare nella “sua” Lignano, la sua seconda patria dopo Udine.
IL PIEDE GIUSTO
Partire con il piede giusto, per lei, non è stata solo una metafora. Se nella moda è riuscita a sfondare «entrando dalla porta principale, a 34 anni, da direttore vendite mondo di Stella Mc Cartney», in qualche modo, lo deve anche al suo perfetto numero 37. «Al mio primo colloquio al calzaturificio Iris, da cui è partita la svolta, sono arrivata che sembravo il circo, sbarcata dopo quattro anni a Londra con zeppone altissime, pantaloni a zampa e gilet di pelliccia. E mi hanno detto: “Per favore, si tolga le scarpe e vediamo il piede”. Il mio 37 è il numero campione e così potevo provarmi tutte le scarpe: oltre a venderle, prima le testavo su di me. Mi hanno scelto anche perché avevo un bel piede - racconta sorridendo da sotto la cascata di ricci -. Anche adesso, da presidente, provo ancora tutte le scarpe e i vestiti in show room: sono rimasta quella di sempre, ancora rock and roll. Sempre basso profilo, solo un po’ più impostata perché, a 48 anni, mi sento una certa età».
GLI INIZI
«Non vedevo l’ora di compiere 18 anni per potermene andare via. Volevo la mia libertà: anche lavorando in un fast food, ma decidere cosa fare con i soldi guadagnati era una conquista. Non volevo dipendere da nessuno. Udine anche mi piace, ma non riuscivo a vedermi come le miei coetanee, tutte che facevano le segretarie e le mogli di e le mamme di... Questo mi stava strettissimo». Ed è volata a Londra, grazie all’aiuto di mamma Mirella, casalinga («Ha dedicato la sua vita a noi figlie, cosa che mi ha reso quella che sono»), e papà Valter, che aveva un magazzino all’ingrosso di alimentari. «All’inizio lavoravo come ragazza alla pari, poi sono diventata baby sitter professionista. Ero molto ribelle: quando i miei mi mandavano su le mie sorelle per imparare la lingua, la sera loro studiavano, io ero a ballare nei club». Ma con una meta ben chiara. «Avevo capito che il mio destino era la moda. Ho frequentato un corso di fashion and retail management al London college of fashion e, appena uscita, ho iniziato a mandare il curriculum a tutti gli indirizzi delle case di moda che comparivano nelle ultime pagine di Vogue». Intanto, la gavetta, quella dura. «Per una casa di moda francese sono entrata come assistente di magazzino: tutto il giorno a scaricare i camion. Dopo tre mesi in un magazzino sotterraneo, sono stata promossa supervisore e mi sono trovata a gestire 15 persone: io, una ragazzina italiana di 22 anni, loro tutti inglesi tatuatissimi».
LA SVOLTA
Da allora, per Veronica, inizia l’ascesa. Con il ritorno in Italia, «dove ho iniziato lavorando come responsabile vendite per il calzaturificio Iris di Fiesso d’Artico di Giuseppe Baiardo, che ha creduto in me e mi ha dato la possibilità di diventare quello che sono diventata: da Notting Hill mi sono ritrovata in mezzo alla nebbia padana, ma il lavoro era fantastico. In questa zona si fanno le calzature femminili più belle al mondo e loro collaboravano con i grossi brand della moda. Così ho conosciuto lo stilista statunitense Marc Jacobs, un genio: quando veniva in Italia lo portavo in giro, tenevo i rapporti, traducevo i fax... Stargli accanto era un sogno». La vulcanica friulana brucia le tappe. E dopo Padova arriva Milano, «a 28 anni a gestire uno show room per quattro anni. Abbiamo avuto la lungimiranza di vendere le calzature non solo ai negozi di scarpe, ma anche a quelli di abbigliamento: oggi è normale, ma allora non esisteva». In Stella McCartney, spiega, «sono entrata dalla porta principale, a 34 anni. Un cacciatore di teste di Parigi mi ha contattata dicendomi che cercavano un direttore vendite mondo. Ho fatto il colloquio e Marco Bizzarri, che oggi è ceo di Gucci, mi ha scelto lì per lì. A luglio ho fatto un altro colloquio a Londra, ma appena uscita dall’ufficio mi avevano già contattata e ad agosto ho avuto la conferma che a novembre avrei potuto iniziare come worldwide wholesale director, responsabile vendite mondo del brand Stella McCartney»
STELLA 
Era il 2004. «Il brand era ancora piccolo, era nato nel 2001. L’azienda è cresciuta con me. Quando ho iniziato, il brand era all’interno del gruppo Kering, il secondo gruppo del lusso al mondo, eravamo una decina, adesso siamo in ottocento. Sono passata da un team con due persone a 14 e adesso è diventato di 110». Da poco, ha fatto un altro balzo in avanti, diventando president Emea (acronimo che sta per Europa, Middle East e Africa) retail wholesale, al timone di 14 negozi monomarca e dei multimarca, che solo in Europa sono «circa 250». «La parte che gestisco io rappresenta circa il 60% del fatturato del gruppo», spiega Veronica, che oggi ha base a Milano e si occupa, fra le altre cose, di scegliere i partner più adatti per rappresentare il marchio. Dietro al suo successo, c’è Stella McCartney, figlia del celebre cantante Paul: «La ammiro moltissimo - racconta Veronica - per le sue idee. Quando è partita appoggiando la sostenibilità, Stella ha scelto di non usare la pelle, che tutto il mondo della moda usava come simbolo del lusso. Ha avuto la forza e la lungimiranza di restare legata al suo Dna. A quei livelli ci vogliono due secondi per sbagliare: invece lei è rimasta sempre la stessa». Anche per Veronica «essere se stessi» è quasi un mantra: «Io, le decisioni, le prendo sempre con lo stomaco, d’istinto». Nella sua lunga carriera, «ho conosciuto anche Paul ad una festa». Ma il mondo delle star, racconta, non è il suo: «Le celebrities, le conosco, ma non frequento nessuno. Ho incontrato Madonna, Kylie Minogue, Gwyneth Paltrow, Kate Hudson, Bono Vox... Questo mondo fa parte di Stella, ma è Stella che gestisce questo mondo: sono le sue amiche. Io vado alle feste in rappresentanza del brand, ma per me sono clienti: non confondo il privato con il lavoro».
IL FRIULI
«Il mio privato - racconta Bertozzi - è vedere gli amici a Milano, andare in vacanza a Lignano con mio figlio o tornare a Udine. Quando ero responsabile vendite mondo, facevo 200 giorni all’anno in viaggio, adesso di meno, ma ho girato tutto il mondo. Staccare, per me, vuol dire non usare l’aereo, non passare un check in, spostarmi in bicicletta e, se posso, vedere i volti di casa». Insomma, racconta Veronica, «torno in Friuli per mettere i piedi per terra. Non sono cambiata. Ogni estate, vado in vacanza con i miei a Lignano e d’inverno ci vengo anche per sciare. Sono molto legata alla mia famiglia. Sono scappata dal Friuli, ma sono legatissima alle mie sorelle Valentina e Valeria. Sono cresciuta a Villa Primavera dalla prima elementare, ma mi sento udinese e anche lignanese: a Lignano ho vissuto i più bei periodi della vita, a casa dei nonni a Pineta. Andarci, per me, è rientrare nel mondo normale. Quando sei in mezzo alle “celebrities”, per lavoro, si vive ad un livello che non è quello della gente comune. In show room capita che qualcuno dica “costa solo 2.500 euro, non viene niente...”, ma poi ti rendi conto che stai parlando con una classe d’élite, perché distribuiamo il brand nei migliori negozi del mondo». Certo, «i friulani sono un po’ chiusi, ma sono delle belle persone e dei grandi lavoratori, anche se è molto difficile farseli amici». Il suo consiglio ai giovani friulani? «Andare fuori di casa ed essere sempre se stessi». Ma anche studiare: «Io non ero una studiosa. Mi sono fatta da sola, sono una vera self made woman, ma oggi rimpiango di non aver studiato di più: se mi fossi laureata oggi potrei crescere ancora di più».
 
Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 10:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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