​Poco tempo per andare in cimitero
e pochi soldi: marmisti "a pezzi"

Lunedì 10 Ottobre 2016 di Paola Treppo
Il cimitero di Liessa nelle Valli del Natisone
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FRIULI VENEZIA GIULIA - Si avvicina il tempo della celebrazione “dei morti” nel calendario cristiano, e per chi lavora nel settore di “marmi e pietre”, del comparto specifico della funeraria, è proprio il caso di dire che “piange il morto”. Non è la solita battuta; in questo caso corrisponde a verità. Perché il repentino cambio di stili, mode e modi delle sepolture, unito alla recessione e una minore circolazione di soldi e, ancora, alla mutata definizione del culto del trapassato col cambio delle generazioni, ha portato a un calo di lavoro notevole, sull’ordine del 30-40%.

Tanti marmisti hanno chiuso
Hanno chiuso così i battenti almeno 10 aziende di marmisti e quelle piccole, a conduzione familiare, resistono con i “vecchi” e “duri” titolari che hanno sacrificato una vita per la loro ditta, fino a che questa non si andrà a esaurire in maniera, per così dire, naturale. Chi resta deve fare l’acrobata, come spiega Maurizio Meletti, presidente della Cna di Gorizia, titolare di una realtà che lavora marmi e che per diversi anni è stato referente del settore edilizia per la Cna: «I clienti, quelli che sono rimasti - spiega -, entrano e ti dicono tre cose, in ordine: “Buongiorno, come va? Vorremmo qualcosa di semplice per la tomba”. È un modo dignitoso ed educato per dire che non hanno tanti soldi da spendere e anche quando gli fai un preventivo di 200-300 euro, cercano di limarlo».
 
Quando andava bene: gli anni Ottanta 
Negli anni Ottanta, del boom economico, i mesi precedenti il periodo di morti e di Ognissanti era caratterizzato da un lavoro senza sosta da parte di chi fa il marmista in Friuli Venezia Giulia ma anche in altre regioni d’Italia; le “commesse” per le lapidi in terra erano numerose e ben pagate, da non riuscire a tirar fiato per chi doveva posarle; ora, invece, da diversi anni, non solo sono in calo, vertiginoso, ma chi decide di sistemare la sepoltura del caro parente estinto “tira” sul prezzo, perché di soldi non ce ne sono più. E se ci sono vengono usati per altre necessità primarie.
 
La cremazione
«L’uso sempre di diffuso della cremazione porta a un’urna cineraria che poi, nel camposanto, porta a posare lapidi molto piccole e di costo basso, 100, 150, 200 euro. Non sono remunerative, anche se teniamo conto del personale che dobbiamo impiegare e delle distanze da percorrere, che a volte ci portano addirittura in perdita. Non è vero che la crisi è finita. È vero che c’è chi non ha problemi economici e ti porta in negozio un modello di tomba di sua fantasia, con un’idea creativa già in testa, per cui arriva a spendere anche 15mila euro. Ma la maggior parte della gente chiede “semplice” che vuol dire “fammi spendere poco". Così dobbiamo lavorare». 

Concorrenza estera
«Questo ha fortemente penalizzato in nostro settore, senza contare la concorrenza estera, per chi lavora a ridosso del confine con la Slovenia: i loro, per normative e tasse diverse e più basse, fanno prezzi concorrenziali e le stesse agenzie di onoranze funebri si sono messe di recente a fare anche le scritte sulle lapidi. Da noi, inoltre, vanno rispettati ferrei regolamenti sullo smaltimento dei rifiuti che appesantiscono i nostri conti di non poco. Non parliamo poi della burocrazia».
 
Cosa cambia nella moda e nelle mode delle tombe?
«Un tempo andavano molto il marmo e la pietra di Carrara, o quella di Aurisina. Anche le statue, costose, si facevano in pietra naturale. Ma erano periodi, quelli, in cui la gente andava un giorno sì e uno no in cimitero, per pulire le tombe. Adesso chi ha tempo di andare nei campisanti e togliere muschi e pulire i marmi dopo che si anneriscono a causa degli agenti atmosferici? Pochi, o quasi nessuno. Da qui la scelta del granito, che adesso è il materiale che va per la maggiore e che non necessita di grandi manutenzioni, se non una secchiata d’acqua qualche volta».

Gli arredi funerari
«Non vanno più le statue di bronzo o altri arredi pregiati, non solo perché costano molto, e i rappresentati di questo genere di arredo me lo fanno notare spesso, ma anche perché vengono rubati dai ladri. In cimitero sparisce tutto il metallo, anche il vaso di fiori con l’interno in ottone. Così la gente compra roba di plastica, economica». Il risultato? Le sepolture temporanee, quelle in terra, lasciate in assestamento del terreno per mesi, rimangono così: un riquadro in legno, sassolini bianchi, una croce in legno; i fiori che durano più a lungo e che si usano di più sono quelli di plastica, e quelli freschi che rallegrano i cimiteri, tra ciclamini, lumini elettrici e vasi di crisantemi, si corre a comprarli sono a fine novembre, per poi buttali via, un mese dopo, senza neanche sapere si tratta di una pianta “perenne” che fiorisce ogni anno se tenuta in terra o in vasi concimati, all’ambra.
 
L'edilizia piange 
«Marmi e graniti sono in forte flessione anche in edilizia perché il blocco delle costruzioni di edifici, palazzine e di case nuove esiste ancora ed è molto forte, alla faccia di chi dice che siamo fuori dalla crisi. Pure per gli arredi interni, ad esempio per le cucine, non si usa più marmo o granito ma pietre meno “nobili”, perché la cucina si compra ormai anche quella in offerta speciale».  
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