L'incubo di un friulano nell'Ecuador in guerra: «Omicidi e saccheggi»

Sabato 20 Gennaio 2024
L'incubo di un friulano nell'Ecuador in guerra: «Omicidi e saccheggi»

«Sono state giornate da brivido. La gente era spaventata, si è visto l'inferno. Rapine, omicidi, saccheggi. Ora le tensioni si stanno in parte allentando ma credo che siamo in una fase di studio in cui governo e bande armate si stanno "pesando". Saranno giorni decisivi». A parlare è Giovanni Polo, 42 anni, friulano di Tolmezzo. Dal 2016 è in Ecuador assieme alla sua famiglia, con la quale ha aperto una pizzeria nella città di Guayaquil, oltre tre milioni di abitanti, la più grande e popolata dell'Ecuador, ancor di più della capitale Quito.


IL RACCONTO


Fortunatamente, una decina di giorni fa, quando sono scoppiate le rivolte nel paese sudamericano interessato da uno scontro tra le bande di narcos e l'esercito, Giovanni si trovava fuori città, «ma ho iniziato a ricevere chiamate e messaggi dagli amici che mi mettevano in guardia rispetto a quello che stava accadendo; i tumulti sono esplosi proprio con epicentro a Guayaquil racconta , mi dicevano di non rientrare perché stava accadendo di tutto, in una situazione paradossale; stavano rapinando chiunque, sparavano per strada, hanno ucciso gente, saccheggiato negozi».

Il ristoratore friulano è tornato a casa sua il giorno dopo, prendendo contatto direttamente con quello che ha definito il "caos": «Queste bande armate che hanno messo in atto attacchi e azioni intimidatorie, tra cui anche l'assalto a un canale tv, hanno portato il governo a dichiarare "guerra" ai narcos, classificati come gruppi terroristici. E le ripercussioni ci sono state inevitabilmente anche per me e per il mio locale "Diavolo rosso", una pizzeria artigianale italiana premiata ed esaltata sulla stampa locale come la migliore della città e la mia famiglia. Con il coprifuoco dobbiamo abbassare le saracinesche presto e ne risentono gli affari, le scuole sono state chiuse e quindi i miei figli seguono le lezioni da casa». Ma contesti di questo tipo, Giovanni li ha già vissuti anche nel recente passato: «Non è la prima volta che vengono adottate queste misure estreme racconta purtroppo abbiamo imparato a conviverci, ma stavolta rispetto al passato vedo che la gente "normale" prova a resistere maggiormente, ad uscire di casa, a continuare la sua vita nonostante quello che accade, con le dovute precauzioni naturalmente».


IL FUTURO


Questo perché si crede molto nel nuovo presidente Daniel Noboa, eletto nel novembre 2023: «C'è grande aspettativa e fiducia in lui conferma Polo - un presidente che si è presentato professando il pugno duro contro le mafie e i cartelli della droga che hanno messo gli occhi sull'Ecuador quale nuovo hub, con i suoi grandi porti come quello di Guayaquil, da cui smistare i carichi di droga, soprattutto cocaina, verso il Nordamerica e l'Europa. Un Paese in cui hanno iniziato a muoversi con i rispettivi interessi anche le mafie albanesi o italiane». Proprio ieri i narcos hanno ucciso il magistrato César Suárez mentre viaggiava in auto a Guayaquil, era colui che si stava occupando di indagare sull'attacco alla sede del canale TC Television, che ha sede proprio nel capoluogo della Provincia del Guayas. Come evolverà la situazione? Cosa potrà accadere ora? «Credo saranno determinanti i prossimi giorni, siamo in una fase di studio, sia del Governo ecuadoregno nei confronti delle bande criminali, sia di queste nei confronti del Governo stesso, per capire che la potrà spuntare nei livelli di forza». Nel frattempo Giovanni tranquillizza amici e familiari in Friuli, per il quale non nasconde la sua nostalgia: «Ne parlo spesso con mia moglie, conosciuta proprio in Sudamerica tanti anni fa quando dalla Carnia ero partito alla volta della Bolivia, tappa precedente all'attuale esperienza in Ecuador. Con lei abbiamo vissuto un anno e mezzo proprio in Carnia, e anche a lei un po' le manca».

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