Il 2 giugno dell'ex corazziere che ha servito sette presidenti: «Nemmeno il Covid mi ha fermato»

Mercoledì 2 Giugno 2021 di Camilla De Mori
Francesco Madotto all'altare della Patria
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UDINE - Non mancherà neanche stavolta. Come non lo ha fatto lo scorso anno, subito dopo la prima ondata della pandemia, pur con tutte le precauzioni del caso e seguendo le regole. Perché «in sessant'anni non ho perso neanche una Festa della Repubblica. Giusto quella del 1976, ma perché c'era stato il terremoto e con altri colleghi friulani ci siamo precipitati in Friuli per aiutare. La mia casa a Oseacco di Resia non c'era più». Così, anche oggi, Francesco Madotto, corazziere in pensione, sarà all'Altare della Patria «alla base della scalea, in abiti civili».

Per dare un segno di «continuità e di speranza», dopo la bufera covid che ha travolto l'Italia e anche il suo amato Friuli.

LA GIORNATA

Il 2 giugno, per lui, ha sempre avuto un significato particolare. Perché non è solo il giorno del compleanno della Repubblica (e sono 75), ma anche il suo personale (e sono 82), visto che è nato nella Val Resia che gli ha regalato la tenacia, la semplicità e la modestia, il 2 giugno del 1939. E il 2 giugno, ma del 2004, è stato anche il suo ultimo giorno di lavoro da Maresciallo di Palazzo, dopo aver accompagnato il mandato di otto Presidenti. «Quell'anno, anche se non ero ufficiale, in via eccezionale, sono stato incaricato come comandante di schieramento dei corazzieri, 16 schierati da una parte e 16 dall'altra della scalea. Una grande gratificazione». Al centro della scena, per il presentat'arm in onore del Milite ignoto e per il passaggio del presidente, che allora era Ciampi. Il Capo dello Stato che poi, in occasione del pensionamento, «mi ha ricevuto in udienza e mi ha autorizzato a tenere l'uniforme che ho regalato al Comune di Resia».

GRONCHI

La sua prima Festa della Repubblica da corazziere, rammenta Madotto, «era stato nel 1960, con Gronchi. Io ero diventato corazziere nel 1959, ma dopo il 2 giugno. Quello era il primo servizio all'Altare della Patria. In quell'occasione i corazzieri erano impegnatissimi già dal pomeriggio, perché normalmente prima c'era il ricevimento nei giardini del Quirinale. Il corazziere è un po' come la ciliegina sulla torta: dà lustro e solennità. Tutti vogliono farsi la foto vicino al corazziere e si dà la possibilità di farlo, perché è una festa. Mi ricordo tutta quella gente, attori dello spettacolo, politici. E in mezzo io, che venivo da un piccolo paesino del Friuli Ricordo anche la festa della Repubblica celebrata a Torino nel 1961, perché ricorrevano i cent'anni dell'Unità d'Italia. La sfilata non si fece il 2 ma l'11 giugno, perché il 2 giugno Gronchi aveva una piccola indisposizione».

ALTARE

Anche oggi sarà in quello che sente come il suo luogo. «Ci sarà una deposizione della corona molto ristretta, con la presenza del minor numero di persone. Tutti con la mascherina. Avverrà comunque l'alzabandiera ufficiale con lo schieramento dei corazzieri. Io sarò in abiti borghesi, non di servizio, per collaborare con i colleghi.. Ma anche le celebrazioni in servizio non sono state sempre uguali. A volte ho portato la corona sulla scalea, a volte sono stato schierato sulla scalinata, a volte alla base della tribuna presidenziale, a volte a cavallo», dice Madotto, che, sportivissimo, da corazziere, accompagnò anche il presidente americano Carter a fare jogging e oggi si dedica ancora al canottaggio.

IL TERREMOTO

«Non sono mai mancato, tranne nel 1976». E quello fu un 2 giugno terribile. «Avevo ricevuto nella notte la notizia del forte terremoto in Friuli e immediatamente con altri colleghi friulani siamo partiti in auto e abbiamo raggiunto la nostra terra. In Val Resia non era possibile accedere al mio paese perché era raso al suolo. Per arrivare a casa mia ho dovuto aggirare le macerie per i prati e quando sono arrivato, ho scoperto che casa mia non c'era più». Poi, «vennero il presidente Moro e il ministro Cossiga per un sopralluogo, che mi conoscevano come corazziere e mi chiesero cosa ci facessi. Ho spiegato che ero venuto a vedere di casa mia, ma che era stata rasa al suolo. Il Comando mi diede ordine di rimanere quanto potevo, aiutando le persone».

IL COVID

Oggi alfiere del medagliere dell'Arma dei Carabinieri (e consigliere nazionale dell'Anc), Madotto è passato indenne attraverso la tragedia del covid. Per lui «tornare all'Altare della Patria è un segno di continuità e di speranza che si deve alimentare. Ho sempre cercato, nei limiti del possibile, di partecipare, con le dovute distanze e la mascherina, a tutte le cerimonie. E il 5 giugno non mancherò alla Festa dell'Arma». «Mi sono vaccinato, già a febbraio ho fatto le due dosi. I nostri dell'Anc so che sono molto attivi a Udine per la campagna vaccinale. Ne conosco tanti». «Se sono quello che sono, devo dire grazie al mio paese, dove oggi c'è una via dei Corazzieri, alla Val Resia e all'educazione ricevuta. Ringrazio sempre quel luogo, i miei genitori e chi mi stava vicino». E alla sua terra, la nostra, rivolge un appello, «a seguire le regole, perché siete in bianco e per restarci bisogna avere questo senso di singola responsabilità».
 

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