Paoletti: «I miei anni con Vivienne Westwood», l'erede del Lanificio a "lezione" dalla stilista

L'imprenditore ricorda il periodo londinese: "Credeva nei giovani"

Giovedì 2 Febbraio 2023 di Vesna Maria Brocca
Vivienne Westwood durante una sfilata nel 2010 a Londra

TREVISO - Non chiamatela regina del punk anche se aveva “inventato” i Sex Pistols. E guai nominare la parola “marketing” quando ci si riferite a lei. «Ricordatela con i capelli arancioni, femminista sfegatata, ecologista nota per il suo “Buy less, Choose well, Make it last” (compra meno, scegli bene, fa che duri), creativa in modo rivoluzionario e soprattutto grande sostenitrice dei giovani che incoraggiava a sprigionare il loro potenziale». Questa era la stilista Vivienne Westwood, mancata lo scorso 29 dicembre. «Non c’era niente di scontato, niente di certo, però era veramente eccitante quello che succedeva nella fucina creativa della fashion designer inglese, la prima britannica ad essere stata ospitata alla settimana della moda di Parigi». Più che una storia si tratta di un vero e proprio film, a tratti davvero esilarante, quello vissuto in prima linea (letteralmente! nella gold label), che emerge dai ricordi di Paolo Paoletti, l’imprenditore trevigiano a capo dello storico Lanificio di famiglia con sede a Follina che per anni ha lavorato a stretto contatto proprio con Vivienne.

IL PRIMO INCONTRO

Classe 1976, è volato a Londra sul finire degli anni ‘90 per uno stage obbligatorio collegato alla sua Università in Business internazionale, e non se n’è più andato: è rimasto a lavorare con la fashion designer fino al 2006. «Era l’anno dei mondiali di calcio e ricordo che Vivienne venne con noi al Pub, con noi suoi collaboratori italiani, a guardarsi la finale vestita con il tricolore, e disse: “Mi sembra che i bianchi giochino meglio” (erano i francesi)».

Il suo racconto è un film di quelli che fanno scoprire con occhi nuovi lo straordinario mondo di una stilista imitata da tutti, per nulla scontata e incredibilmente autentica, cui è impossibile non affezionarsi. «Eravamo trenta, tutti giovanissimi e alla prima esperienza lavorativa, perché Vivienne Westwood i suoi collaboratori se li sceglieva proprio così, giovani ed inesperti» prosegue Paolo, che non nasconde di essere stato rifiutato da diverse note aziende biellesi e pure trevigiane, come Benetton, «per uno stage gratuito», perché non era mai il candidato giusto e non conosceva alla perfezione l’inglese. «Vivienne, invece, ce lo insegna lei l’inglese, correggendoci».

LA SEDE

Al tempo, era il 1999, alla prima esperienza lavorativa «non sapevo fare niente, perché nel Lanificio di famiglia avevo sempre fatto lavori di manovalanza, imballaggi, campioneria e non ero mai stato in ufficio - racconta Paolo - Arrivato da Vivienne ero stato fin da subito affidato ad una responsabile dello sviluppo della prima linea, la famosa “gold label”, che lavorava direttamente con Vivienne e con il suo team di sarte». Il quartier generale della Westwood era concentrato in un’unica palazzina fatiscente di due piani a Battersea, di fronte a Chelsea, a sud di Londra, che adesso è un quartiere molto alla moda, ma all’epoca era considerato malfamato. «Lì c’era tutto – ricorda Paolo: ufficio amministrazione, ufficio sviluppo prodotto, c’erano l’archivio, la sartoria e poi anche l’ufficio personale di Vivienne, per cui io la vedevo e salutavo tutti i giorni». Lei veniva al lavoro in bicicletta, ecologista da sempre, vestita con le sue eccentriche mise, i capelli arancioni, le scarpe platform e la sua inseparabile Fox Terrier nel cestino. «Il cane si chiamava Alexandra ed era la nostra mascotte – prosegue l’imprenditore - Pisciava dappertutto sulla moquette tipica degli ambienti inglesi del periodo e non mancavano i vari lacchè, vestiti come solo un designer può vestirsi, che facevano a gara per prendersela in braccio e girare tra gli uffici». La sede era una vera e propria fucina creativa e non mancava proprio nulla. «C’era l’angolo cucina e su ogni tavolo, ovunque, non poteva mancare il posacenere. Quindi immaginate l’odore di cibo frammisto al fumo delle sigarette che impregnava tutti gli uffici, nello sclero generale, con 30 giovanissimi, e io al tempo avevo appena 20 anni, alla prima esperienza lavorativa. Oltre al cibo e alle sigarette, aggiungeteci il piscio del cane su una moquette consunta. Lì non c’era niente di scontato, niente di certo, però era veramente eccitante quello che succedeva nella fucina creativa di Vivienne Westwood».

LE SFILATE

Lavorando per la designer inglese, Paoletti ha avuto modo di girare il mondo, tra una sfilata di moda e l’altra. Tutti viaggiavano con voli low cost, Westwood compresa, e anche qui gli aneddoti non mancano. «Facevo un po’ tutto, compreso risolvere le cose all’ultimo istante» adesso Paolo ride, ripensandoci, ma al tempo non c’era mica tanto da scherzare. «Per una sfilata a Milano ho dovuto trovare un coniglio all’ultimo momento, poco prima che la modella uscisse in passerella, perché Vivienne voleva che uscisse con il coniglio in braccio. Ovviamente l’aveva appena deciso e non le si poteva dire assolutamente niente perché era nella fase di massima espressione creativa». Da Milano a Parigi, le avventure proseguono. «Prima di una sfilata tutta la nostra squadra era costantemente in ritardissimo. E una volta ci trovammo con gli inviti ancora da spedire a pochi giorni dall’evento. Per risolvere la situazione venni incaricato, assieme ad una mia collega, di recapitarli personalmente a tutti gli ospiti con l’unico mezzo economico a disposizione: la bicicletta». Una volta tornato a casa, in Italia, Paoletti ha continuato a lavorare ancora con la Westwood, ma esternamente come fornitore di tessuti, tra cui la lana dell’Alpago, fedele all’idea di sostenibilità che ha sempre contraddistinto la stilista inglese. «Mi sento fortunato ad aver vissuto quell’incredibile esperienza lavorativa proprio in quegli anni di grande fermento creativo. Devo molto a Vivienne, ha insegnato a tutti noi il valore della creatività e lo ha fatto credendo in noi giovani». Fai buon viaggio Vivienne, pochi ti dimenticheranno ma tutti continueranno a copiarti. 

Ultimo aggiornamento: 17:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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