Dopo cent'anni nuovi reperti spuntano dai laghi di Revine: «Ora il sito punta all'Unesco»

Venerdì 16 Giugno 2023 di Angela Pederiva
Le operazioni di ricerca ai laghi di Revine e Tarzo

TREVISO -  Dopo cent'anni, continuano a riservare sorprese i laghi di San Giorgio e Santa Maria, accoccolati fra i centri di Revine e Tarzo nella Vallata trevigiana. Nel centenario del primo ritrovamento archeologico avvenuto nel 1923, una spada del quindicesimo secolo avanti Cristo di cui la Regione celebra il ricordo all'interno del programma Grandi Eventi, una residente ha casualmente recuperato diversi altri oggetti: ossa di animali, strumenti in selce, frammenti di ceramica, reperti archeobotanici come semi, gusci e carboni. «Tutto questo materiale, a prima vista coevo all'insediamento protostorico, è già stato documentato e ora verrà analizzato, in vista di una futura esposizione», rivela l'archeologa Marta Modolo, coordinatrice insieme all'architetto Lorenzo Fattorel del progetto ReLacus, promosso dall'Università di Ferrara in collaborazione con l'Ateneo di Padova e in sinergia con la Soprintendenza di Venezia, Belluno, Padova e Treviso.

L'AREA
Gli ultimi rinvenimenti sono avvenuti a un paio di chilometri dall'area, oggi identificata con il villaggio palafitticolo, dove nel 2019 sono riprese le indagini archeologiche, effettuate quest'anno grazie al sostegno dell'eurodeputato Gianantonio Da Re e degli imprenditori Sara Meneguz e Michele Bottega.

La scopritrice ha tempestivamente segnalato l'evento al parco archeologico didattico del Livelet, la cui responsabile Maura Stefani ha avvisato i ricercatori che, su concessione ministeriale, hanno l'incarico di riportare alla luce e studiare i reperti dell'insediamento palafitticolo, i quali a loro volta hanno allertato Elena Pettenò, funzionaria di zona per la Soprintendenza archeologia. Da un lato i reperti riguardanti la fauna, la flora, la terracotta e la pietra, tra cui una meravigliosa macina, «confermano la presenza dell'uomo tra il Neolitico e l'Età del bronzo», in linea con quanto rinvenuto da un secolo a questa parte. «L'estensione dell'abitato descriverebbe un areale insediativo di notevoli dimensioni, paragonato ai contesti palafitticoli riconosciuto dall'Unesco nel 2011», annota dall'altro lato Modolo. «Com'è consuetudine in ambiente scientifico aggiunge l'esperta per avanzare conclusioni saranno necessari ulteriori approfondimenti. Ma possiamo sentirci orgogliosi, come ricercatori, di studiare un sito di tale importanza e di contribuire nel dare risalto a questo territorio».

LA SQUADRA
Attualmente la squadra conta quasi una trentina di componenti, comprendendo sia docenti che studenti, non solo delle Università di Ferrara, Padova e Bologna, ma anche del liceo Flaminio di Vittorio Veneto. In campo c'è pure una futura archeologa che è famosa in ambito sportivo: Roberta Carraro, originaria di San Donà di Piave e iscritta all'Università di Trento, è palleggiatrice della blasonata Imoco Volley, sensibile al territorio al punto da aver recentemente svolto uno stage formativo all'interno dell'Associazione per il patrimonio delle colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, tutelate dall'Unesco. Un traguardo a cui guardano pure i laghi di San Giorgio e Santa Maria, attraverso l'inserimento del sito palafitticolo di Revine e Tarzo nel dossier internazionale. Ma non è l'unico obiettivo dell'operazione di scavo: l'idea è anche di esporre i reperti recuperati in una serie di mostre itineranti, per arrivare poi all'apertura di uno spazio espositivo permanente in Sinistra Piave.

      

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