Molestò due donne runner: «Non può essere processato ha una grave malattia»

Venerdì 7 Aprile 2023 di Giuliano Pavan
Il sentiero degli Ezzelini dove il 29enne ha molestato due ragazze che facevano jogging

RIESE PIO X - Incapacità di intendere e di volere gravemente scemata al momento dei fatti. Ma non solo: una diagnosi di schizofrenia che gli impedisce di partecipare scientemente al processo, che ora rischia di saltare. Lo deciderà il gip il prossimo 18 aprile. Ma il destino di Federico Tieppo, il 29enne di Riese Pio X finito a processo per tentata violenza sessuale e lesioni (per aver molestato due runner lungo il sentiero degli Ezzelini) sembra ormai segnato. Scatenando le ire sia dei familiari (il giovane è in carcere per scontare la condanna definitiva per maltrattamenti nei confronti dei genitori, ndr) che del suo legale, l’avvocato Alessandra Nava.

Il motivo? Essere arrivati solo ora a una diagnosi di disturbo mentale che poteva evitare una lunga serie di sofferenze al 29enne e di prevenire che venissero commessi i reati di cui è imputato.

Avvocato Nava, vi aspettavate la diagnosi di questa grave patologia? E cosa vi ha indotto a richiedere questa consulenza?
«Il ragazzo manifesta ormai da anni un disagio personale che a parere dei genitori non è stato adeguatamente valutato dagli operatori che si sono occupati di lui, sottovalutando i sintomi che oggi lo psichiatra ha inquadrato nell’ambito della patologia diagnosticata alla base dei reati commessi prima in ambito familiare e poi in ambito sociale».

Il suo assistito aveva problematiche di tossicodipendenza o era in cura al Serd?
«Da adolescente ha assunto droghe ma ha tentato di risolvere i suoi problemi tramite il Serd. Purtroppo la sua volontà di non seguire i trattamenti terapeutici è stata interpretata come mancanza di disponibilità a un percorso comunitario mentre oggi si è compreso che la ragione del suo negare il percorso andava ricercata nella negazione di un problema più grave, che un’accurata indagine anamnestica con genitori, amici e familiari avrebbe probabilmente svelato per tempo. Ora ci troviamo davanti a una situazione gravemente compromessa a causa soprattutto della superificalità con cui è stato valutato a diversi livelli».

Accuse pesanti, ma secondo voi quando ha cominciato a manifestare sintomi indicativi della malattia?
«Già dalla penultima carcerazione, cessata a giugno 2022 e protrattasi per più di un anno, ha manifestato deliri, manie persecutorie, difficoltà di convivere con i compagni (è stato spesso spostato di cella e poi anche di carcere) e anche con me che lo conosco bene. I discorsi erano sempre più illogici e addirittura improntati alla chiaroveggenza o a racconti fantastici con uno scollamento dalla realtà tale da indurmi a chiedere ripetutamente una consulenza con lo psichiatra, che in ambito carcerario è possibile anche se non agevole proprio per la tendenza del malato ad aprirsi con gli estranei».

Ci sono quindi delle responsabilità a carico degli operatori del carcere o di chi non si è occupato del ragazzo?
«Occorre fare due premesse. La prima è quella per cui le malattie mentali, già non sempre facilmente e tempestivamente diagnosticabili in ambiente familiare, diventano ardue da affrontare in ambiente ostile come quello carcerario. sLa seconda è che non c’è la possibilità di una valutazione attenta e costante per carenza di personale qualificato, oltre a un trattamento terapeutico inframurario». 

Quale può essere a questo punto l’esito del processo?
«Lo psichiatra si è pronunciato per un’incapacità parziale di intendere e volere: dal punto di vista penale comporterebbe una riduzione di pena. Ma l’aspetto che più preoccupa è quello della pericolosità sociale patologica, e quindi non criminologica legata alla personalità deviata del ragazzo ma provocata dalla malattia. Questa situazione in Italia è totalmente a carico della famiglie, già devastate dalla situazione, perché il nostro ordinamento prevede che solo i Rems possano accogliere i soggetti prosciolti per totale incapacità mentre quelli parzialmente incapaci sono sballottati fra carcere, tso o comunità (difficili da reperire).

Cosa dicono i genitori di Federico?
«Sono arrabbiati e delusi da un sistema che non si accorge del disagio di un giovane che lancia segnali sempre più gravi col suo comportamento e che a causa dell’incapacità degli operatori che se ne sono occupati, minimizzando e dando al malato la responsabilità, non hanno impedito che la patologia si aggravasse a tal punto da mettere seriamente a rischio la vita stessa del proprio figlio e degli altri».

Lei invece cosa pensa?
«Mi duole che le doglianze che ho rivolto quantomeno negli ultimi due anni a fronte di un progressivo decadimento fisico e cognitivo del ragazzo, siano state sottovalutate e comunque non si sia potuto intervenire. Mi sarei augurata di sbagliarmi nel ritenere che fosse ormai in atto una patologia grave nel ragazzo che conosco bene, ma purtroppo così non era, e mi duole delle limitate possibilità difensive dovute a una legislazione disattenta nei confronti del malato di mente e della sua famiglia».
 

Ultimo aggiornamento: 07:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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