Il conte Edoardo Tiretta, grande seduttore trevigiano di Calcutta (che gli dedica un mercato)

Martedì 5 Aprile 2022 di Alessandro Marzo Magno
Edoardo Tiretta

Chiunque vada a Calcutta oggi nota come Kolkata si imbatte nel centralissimo Tiretta Bazaar. Nome strano per un mercato della terza città dell'India, ma ancora più singolare è la storia di chi lo ha costruito e gli ha dato il nome: il conte trevisano Edoardo Tiretta, seduttore, avventuriero, amico di Giacomo Casanova.

Il 26 settembre 1782 sottopone agli uffici della Compagnia della Indie orientali il progetto per erigere il mercato pubblico della città. Il progetto è approvato, il mercato viene costruito e Tiretta, chiamato architetto senza esserlo, diventa un uomo ricco, anzi ricchissimo. Da dieci anni Calcutta era la sede della Compagnia nonché capitale dell'India britannica.


LA BIOGRAFIA
Edoardo Tiretta nasce nell'agosto 1731 a Trebaseleghe, oggi in provincia di Padova, ma all'epoca parte del distretto di Castelfranco. La famiglia è ricca, possiede un palazzo a Treviso (raso al suolo nei bombardamenti alleati dell'aprile 1944), numerose proprietà in campagna, e una villa sul Montello. Il ragazzo però è uno scapestrato e fugge nel 1757 a Parigi. Lì viene presentato a un veneziano illustre che proprio in quell'anno stava facendo soldi a palate (spendendone altrettanti) per aver istituito una lotteria con l'avallo del re. Si trattava di Giacomo Casanova che nella Storia della mia vita rievoca le prime parole dette dal conte trevisano: «Sono arrivato ieri a Lione con la diligenza, mi rimangono solo due luigi; ho camicie, ma di vestiti posseggo solo quello che indosso. Ho 25 anni, una salute di ferro e sono fermamente deciso a fare qualsiasi cosa per vivere onestamente; però non so far nulla, non ho alcuna capacità, tranne suonare, da dilettante, il flauto. Parlo e scrivo solo in italiano e non sono un letterato».


RUBACUORI
In realtà Tiretta aveva una capacità assai apprezzata nella Parigi di quegli anni e non tarda a metterla a frutto, probabilmente grazie anche ai buoni uffici di Casanova. Finisce nel talamo di una sedicente nipote di papa Benedetto XIV, Prospero Lambertini, in realtà un'avventuriera di Modena di una quarantina d'anni, che entusiasta delle virtù amatorie del giovane nobile trevisano, lo soprannomina conte Sei colpi, perché pare che di tanto sia stato capace in una sola notte. Inutile dire che il nomignolo che gli rimarrà appiccicato per tutto il soggiorno francese. Casanova ha anche modo di assistere a una performance in diretta e vaticina un radioso futuro al suo nuovo amico: «Finito il pranzo, riprese a intrattenermi sulla valentia del mio compatriota, lo stuzzicò e lui, bramoso di convincermi di quanto era bravo, la soddisfece sotto i miei occhi. Lo spettacolo non mi fece il minino effetto, ma notando la conformazione eccezionale del mio amico, capii che avrebbe potuto aspirare a far fortuna dovunque avesse trovato donne ricche».


LE AMANTI
Insomma, uno stallone come pochi capace di prestazioni fuori dall'ordinario nelle situazioni più impensabili. Per esempio durante l'ultima condanna a morte in Francia eseguita per squartamento, il 28marzo 1757. Robert Françoise Damiens aveva attentato alla vita di Luigi XV, Tutta Parigi corre in piazza per assistere allo spettacolo della sua esecuzione che doveva essere particolarmente cruento. Tra questi anche Casanova e Tiretta, con le rispettive amanti, che affittano un balcone per guardare con agio. Solo che Tiretta si distrae. «Egli le aveva sollevato la veste per non calpestarla con i piedi», scrive il veneziano nelle memorie, «ma poi, sbirciando, notai che gliel'aveva sollevata un po' troppo. Udii per due ore intere un fruscio di vesti e, trovando la cosa molto divertente, rimasi fermo come mi ero proposto. Tra me ammiravo lo stomaco, ancor più che il coraggio di Tiretta».


LA FUGA
Difficile che un personaggio così non si metta nei guai e infatti deve scappare anche da Parigi e chiede aiuto a Casanova, che scrive: «Approvando il suo desiderio di andare a cercar fortuna in India, gli detti una lettera di raccomandazione per il signor D.O. ad Amsterdam. Il signor D.O. in meno di quindici giorni lo sistemò come scrivano su una nave della Compagnia delle Indie, diretta a Batavia. Tiretta sarebbe arricchito se si fosse comportato bene, ma partecipò a una congiura, fu costretto a scappare ed ebbe delle traversie». Batavia, nell'area dell'odierna Giacarta, era la capitale delle Indie olandesi, ma, come scrive Casanova, il trevisano deve tagliare la corda pure da lì. Dopo un lungo viaggio per mare, prende terra a Calcutta, nel golfo del Bengala. Delle vicissitudini indiane di Tiretta ha scritto Gianni Dubbini in un articolo pubblicato dalla rivista dell'Ateneo Veneto. Lo studioso riporta un brano tratto dal diario di un inglese che così descrive Tiretta: «Non aveva una buona padronanza della lingua inglese e risultava assolutamente ridicolo all'orecchio lo strano miscuglio parlato dal personaggio: inglese, francese, portoghese e industano, inframmezzato dalla più rozze ed esagerate imprecazioni in ognuna di queste lingue». E più avanti: «Nel mese di giugno la calura nel Bengala è estrema, ma nonostante tutto, il signor Tiretta compariva sempre il quattro di quel mese, il giorno del compleanno del re, al ballo annuale dato dal governatore vestito con un bello e costoso completo di velluto.


IL SOPRANNOME
E così Nasone ballava il suo minuetto annuale vestito come richiede l'occasione, in un lungo completo di velluto cremisi». Doveva essere uno spettacolo vedere in una ballo a Calcutta l'uomo abbigliato più o meno come un senatore della Serenissima. Il soprannome Nasone gli era stato affibbiato per via delle dimensioni del naso, ovviamente e lo si vede così raffigurato in una stampa mentre si intrattiene con un pope ortodosso. In India, però, Tiretta mette la testa a posto, diventa architetto e ispettore edile del catasto di Calcutta, costruisce il mercato e altri edifici e, in ricordo di quanto aveva fatto Casanova a Parigi, nel 1788 istituisce la Tiretta's Lottery che lo arricchisce ancora di più. A 67 anni si sposa con un ragazzina di 14, la francese Angelica Carrion che muore di una malattia tropicale dopo aver partorito una figlia, pure lei chiamata Angelica. Nel 1807 Tiretta rientra a Treviso assieme alla figlia; gli vengono tributati grandi onori: è un uomo ricchissimo, come prova il testamento consultato da Dubbini negli archivi di Londra. Solo che, misteriosamente, dopo la sua morte, a 77 anni, nel marzo 1809, la figlia Angelica non entra in possesso delle ricchezze del padre. La donna si sposa sei anni più tardi, diviene madre, ma è costretta a inoltrare una supplica al podestà di Treviso chiedendogli sollievo alla sua «dolorosa situazione economica». Quello che era chiamato «il tesoro di Tiretta», custodito in parte in alcuni bauli depositati a Lisbona, si dissolve nel nulla.
 

Ultimo aggiornamento: 18:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci