Insulti razzisti nella partita di calcio. L'arbitro: «Il fanatismo legato al colore della pelle è un virus da estirpare, ma perdono chi mi ha offeso»

Mamady Cisse è l’arbitro che ha sospeso Bessica-Fossalunga: Mi sono sentito umiliato e ho detto basta. Serviva un segnale forte allo sport, ai giovani e ai genitori»

Giovedì 16 Febbraio 2023 di Michele Miriade
Insulti razzisti nella partita di calcio

TREVISO - Mamady Cisse è l’arbitro che domenica scorsa ha sospeso la partita Bessica-Fossalunga dopo essere stato insultato per il colore della pelle. È nato in Guinea nel 1987 ed è arrivato in Italia con la precisa volontà di aiutare la propria famiglia e il percorso di studi del fratello gemello diventato poi medico in Francia. Nel 2010 si è sposato. La famiglia si è allargata a 4 figli. Arrivato poi a Treviso, dal dicembre 2016 è arbitro di calcio alla sezione di Treviso. Dalle gare giovanili alla Seconda categoria, volontà e impegno sono di esempio per tutti. Domenica ha interrotto la partita a pichi minuti dal termine tra lo stupore generale. Una decisione forte quella presa da Mamady Cisse - uomo tra l’altro fortemente impegnato nel volontariato -, che si racconta in questa intervista esclusiva accordata dall’Associazione italiana arbitri (Aia).

Come è nata la decisione di sospendere la partita?

«Non è stato facile. Anche prima avevo sentito delle offese, poi verso la fine della gara il tifoso ha replicato ed ho deciso di chiudere tutto lì. Questo è sport che deve essere alla base per divertirci, rispettare le regole e le persone. Le offese arroganti e razziste non vanno proprio bene».

Si è sentito umiliato?

«Sicuro. Quelle offese fanno male e non sono certo di insegnamento. A fare l’arbitro mi hanno insegnato solo il rispetto delle regole ma per tutti. Ad un certo momento non mi sono più sentito sereno».

Tutti parlano di sospendere le partite in caso di razzismo, lei avuto il coraggio di farlo.

«Lho fatto per dire al mondo dello sport che le partite devono essere divertimento, spettacolo e non insulti. Spero che tutti capiscano. Mi sono detto basta, non ci si diverte più, andiamo a casa».

Un segnale forte contro il razzismo?

«Esatto. Bisogna farlo per il bene dello sport, non solo il calcio. Queste offese non fanno male solo a me, ma a tutti i colleghi e noi arbitri dobbiamo essere di esempio per i nostri giovani».

Le era accaduto anche in passato subire offese razziste?

«Si in una gara Juniores che avete già ricordato e in altre partite, ma ho anche lasciato perdere poiché arbitrare mi piace, fa parte della mia vita. Ma se io come i mie colleghi rispettiamo tutti, vogliamo lo stesso trattamento».

Ha pensato a cosa sarebbe successo con la sospensione della partita?

«Mi sono sentito offeso e insultato. Non ho pensato al dopo se non mandare un messaggio allo sport, ai giovani e ai genitori di non andare in campo o in tribuna per insultare. Lo spettatore deve capirci. L’arbitro è in campo da solo e deve prendere delle decisioni ed essere nelle condizioni per esprimersi al meglio. Gli insulti di questo tipo fanno solo male».

Lo rifarebbe?

«Se si ripetesse un fatto del genere lo rifarei. Questo del razzismo è un virus da estirpare e bisogna dare dei segnali forti».

Anche il presidente della Federcalcio Gravina è intervento in segno di solidarietà.

«Ho ricevuto tanti messaggi. Mi ha fatto piacere ed è un ottimo segnale. Ma già domani non ci si deve dimenticare di tutto ciò. Ogni domenica tanti colleghi subiscono insulti e questo non deve assolutamente accadere».

La sua passione per arbitrare resta comunque forte?

«Certamente, non ci sono dubbi. Sono pronto a ritornare in campo anche domani se il presidente Castellino mi designa. Anzi ringrazio il presidente per la fiducia, una persona straordinaria che sa guidare la sezione, e tutti i colleghi».

Cosa ha trovato nel fare l’arbitro?

«La mia seconda famiglia. Un momento fondamentale. Mi ha aiutato a integrarmi, crescere e maturare. Quindi dico di poter restituire ai giovani quello che mi è stato donato. Trasmettendo loro la mia grande passione».

Che ha trasmesso anche ai figli?

«Decisamente. A due figli, gemelli di 15 anni, un maschio e una femmina, dirigono nelle giovanile. A tutti dico che la vita va affrontata, presa per mano, invece dei telefonini, confrontarsi e facendo gli arbitri si cresce, ma non vorrei che fatti come questi facciano svanire la passione e portino all’abbandono».

Dove vuole arrivare arbitrando?

«Continuare finché non mi dicono basta o l’età non me lo consente più. Ma ho ancora voglia di migliorare e magari debuttare in Prima categoria».

Sarebbe disposto ad incontrare il tifoso e il presidente del Bessica?

«Nella vita bisogna perdonare. Accetto le scuse che mi sono già state rivolte tramite Il Gazzettino. Se sarà possibile lo farò».

Parliamo della sua attività di volontariato.

«Il mio impegno è forte. Con la mia famiglia sosteniamo dei bambini in Guinea e nel periodo della pandemia ho fondato un’associazione per raccogliere vestiario, cibo e altro da inviare nel mio paese. Così facendo si sostengono ragazzi e famiglie, di questo ne vado fiero». 

Ultimo aggiornamento: 07:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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