Ca' Robinia, la stangata 4,2 milioni alla Regione

Giovedì 28 Gennaio 2021 di Angela Pederiva
Ca' Robinia
3

VENEZIA A dieci anni dal bando, e a sei dallo scandalo, arriva la stangata per Ca' della Robinia.

Con una sentenza depositata ieri, la Corte dei Conti ha condannato la cooperativa fallita e i suoi ex amministratori Bruna Milanese, Selene Bailo e Pierino Rebellato a risarcire 3 milioni di euro alla Regione, a cui l'ex funzionario Mario Modolo dovrà versarne ulteriori 1,2, mentre è stata dichiarata prescritta la richiesta nei confronti del defunto ex assessore Remo Sernagiotto e saranno valutate dalla magistratura ordinaria le posizioni di altri due protagonisti della vicenda quali Stefano Bailo e Giancarlo Baldissin. «Illegittimo uso del pubblico denaro»: è questa la conclusione a cui sono arrivati i giudici contabili, definendo l'impiego del fondo di rotazione per trasformare un'ex discoteca a Nervesa della Battaglia in birreria, anziché in fattoria sociale per disabili.

DOPO IL PENALE Il verdetto della Corte dei Conti, che potrà essere impugnato in appello, è arrivato dopo il giudizio penale (in parte già definito con una serie di patteggiamenti, in parte tuttora pendente a Treviso), riguardante le ipotesi di reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio e bancarotta fraudolenta, a vario titolo contestate agli imputati. Non a caso le difese avevano eccepito una sorta di triplicazione delle pretese risarcitorie, visto che la Regione già si era costituita appunto nel processo penale e si era insinuata pure nel passivo fallimentare della società. La sezione giurisdizionale per il Veneto, invece, ha affermato la propria competenza «nell'ipotesi di responsabilità derivante dal non corretto utilizzo, in assenza dei necessari controlli da parte dei pubblici funzionari a ciò preposti, da parte della persona giuridica beneficiaria e dei suoi legali rappresentanti, di un finanziamento pubblico erogato per il conseguimento di finalità pubbliche individuate da una legge regionale e dai successivi atti amministrativi attuativi».

L'EROGAZIONE Al centro della vicenda è l'erogazione di 3.096.012,08 euro alla coop Ca' della Robinia (di cui Milanese era la presidente, sua figlia Selene Bailo la vice e Rebellato l'amministratore), attraverso due decreti firmati da Modolo (all'epoca direttore regionale dei Servizi sociosanitari) il 21 giugno e il 23 novembre 2012, sulla base di un paio di delibere di cui l'allora assessore Sernagiotto era stato relatore nel 2011. Il politico fu però convocato dalla Procura contabile il 20 agosto 2018, cioè oltre il termine dei cinque anni di prescrizione, peraltro senza mai contestargli l'occultamento doloso del danno, per cui nessuna richiesta di risarcimento potrà andare ad aggredire i beni lasciati ai suoi eredi, fra cui l'assegno vitalizio di reversibilità concesso proprio in questi giorni alla vedova.

LE RESPONSABILITÀ Secondo la sentenza contabile di primo grado, sono invece provate le responsabilità erariali degli altri (ad eccezione di Baldissin e Stefano Bailo, che non avevano alcun «rapporto di servizio» con la Regione). Milanese, Selene Bailo e Rebellato devono così rispondere del fatto che «buona parte delle attività previste non solo non sono state realizzate secondo il cronoprogramma al cui rispetto Cà della Robinia si era impegnata, ma non sono nemmeno state realizzate in assoluto»; e le opere attuate parzialmente, «lo sono state in difformità dal progetto (realizzazione di unità abitative a fini personali e non di alloggi per disabili, realizzazione di una birreria data in affitto d'azienda a terzi - e, perciò, non inclusa nei programmi di inserimento lavorativo -, assunzione di personale non affetto da disabilità, utilizzo delle risorse finanziarie della Regione per il pagamento di stipendi, indennità e per il ripiano di posizioni debitorie personali)». Quanto a Modolo, la Corte dei Conti ritiene che il suo ruolo «non sia affatto secondario, né meramente esecutivo o ragionieristico», al punto da condannare l'ex funzionario per aver ritenuto, «con gravissima negligenza, di soprassedere all'acquisizione della documentazione necessaria alla stipula della convenzione, con ciò violando uno specifico obbligo di servizio». 

Ultimo aggiornamento: 29 Gennaio, 08:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci