Aumenti di gas ed energia, l'allarme degli asili: in venti verso la chiusura

Domenica 11 Settembre 2022 di Mauro Favaro
Assemblea Fism

TREVISO - Venti asili trevigiani sono destinati a chiudere nei prossimi due anni. Il problema del caro-bollette è enorme. Ma prima ancora mancano proprio i bambini. Ora si è scesi sotto quota 20mila: sono in tutto 19.640 i piccoli trevigiani in età da scuola dell’infanzia. Cioè 1.414 in meno rispetto all’anno scorso. Nel 2023 e nel 2024 si scenderà ancora, rispettivamente di 777 e 520. A conti fatti vuol dire 2.711 bambini in meno. Una voragine. Così ai 4 asili paritari che oggi non riapriranno, tra Casier, Morgano, Vedelago e Miane, se ne aggiungeranno inevitabilmente altri. Piove sul bagnato se si pensa che in poco più di dieci anni la Marca ha già perso 29 scuole paritarie e quasi 6.300 bambini iscritti (da oltre 19.500 a meno di 13.300). E solo l’ultimo calo delle iscrizioni ha aperto un buco da 2 milioni di euro. Su tutto questo adesso si abbatte anche la scure dell’aumento dei costi energetici. Rischia di essere il colpo di grazia.

I SEGNALI

Il quadro è emerso nel corso del convegno organizzato dalla Fism di Treviso, la federazione delle scuole materne, che ieri ha richiamato centinaia di insegnanti al Bhr di Quinto. L’associazione ha calcolato una maggiore spesa di 60 euro al mese per bambino. E nessuno vuole pensare di riversarla interamente sulle rette pagate dalle famiglie, oggi in media sui 170 euro al mese. Per ora si parte con le solite rette o con aumenti di una decina di euro. La speranza è che nel frattempo intervenga lo Stato. «Le istituzioni devono attuare le norme esistenti. A partire dalla legge sulla parità scolastica – scandisce Simonetta Rubinato, presidente della Fism Treviso – noi abbiamo ottimizzato il possibile. E continueremo a farlo, prevedendo anche costi standard ed eventuali riorganizzazioni delle scuole. Siamo maestri del risparmio». Verrà abbassato il riscaldamento per contenere i consumi? «Vedremo le prescrizioni ministeriali, ma non occorre che ci dicano cosa fare per far quadrare i conti. Lo facciamo in automatico – continua – per il resto abbiamo avanzato le nostre richieste. E attendiamo una risposta».

LA PROTESTA

Se non arriverà, gli asili sono già pronti a consegnare simbolicamente le chiavi al prefetto e a portare le bollette nei Comuni. «La consegna delle chiavi non come atto contro qualcuno, ma per avvertire tutti: le scuole non possono pensare di andare avanti così – sottolinea Rubinato – discorso simile per le bollette. Se non verrà accolta la richiesta del credito di imposta, le porteremo in Comune. Le scuole sono in perdita. È arrivato il momento di investire sui bambini, che già sono sempre meno, per contrastare la povertà educativa e sostenere chi dovrà tenere in piedi la società nel prossimo futuro». Carte alla mano, allo Stato converrebbe coprire almeno parte delle spese aggiuntive degli asili paritari. I conti della Fism indicano che solo nella Marca le scuole paritarie consentono allo Stato di risparmiare oltre 82 milioni all’anno. «Diocesi e parrocchie si fanno volentieri carico della sfida educativa e sociale – spiega Michele Tomasi, vescovo di Treviso – ma dobbiamo farlo con tutti, e tutti devono fare la propria parte». «Sotto l’aspetto economico, se lo Stato non interviene per appianare le cose dovrà inevitabilmente accollarsi quello che le scuole parrocchiali non riusciranno più a fare perché costrette a chiudere – specifica Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto – lo Stato ha tutto l’interesse ad appoggiare e a finanziare le paritarie». Rubinato chiede anche alla Regione di rivendicare l’autonomia partendo dalla competenza sulle scuole, equiparandole e prevedendo di conseguenza un finanziamento pubblico, coperto dalle relative risorse messe dallo Stato. Un po’ come già accade nella provincia di Trento. E dalla Fism ieri è arrivata anche una tirata d’orecchi nei confronti di alcuni Comuni. Il 24% mette un contributo inferiore ai 600 euro, considerato non sufficiente. Per questo l’associazione ha costruito una nuova convenzione. «In alcuni casi sono previsti solo 25 euro al mese per un servizio come questo – allarga le braccia Rubinato – puntiamo sul fatto che davanti all’attuale situazione demografica i Comuni facciano una scelta di priorità investendo sui servizi per i bambini e gli anziani, che vanno a supportare le famiglie, la sempre più ristretta base produttiva».

Ultimo aggiornamento: 12 Settembre, 08:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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