Venetisti, chieste pene per 50 anni. "Il Tanko lo fermava un carro armato"

Sabato 22 Febbraio 2020 di Fracesco Campi
Il tanko-ruspa che la Procura considera una vera arma da guerra
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ROVIGO - «È stato dipinto come un mezzo ridicolo, ma al di là di un’estetica che lo può far apparire grossolano, ha materiali e modalità di costruzione che lo rendono sofisticato: il tanko era un mezzo di offesa oltre che da difesa, che poteva essere fermato solo da un carro armato o da un missile anticarro».

Nessun dubbio, da parte del sostituto procuratore Sabrina Duò, sul fatto che la ruspa blindata, sequestrata in un capannone a Casale di Scodosia nell’aprile 2014, fosse un «sistema d’arma di tipo bellico». Proprio per l’ipotesi di reato di fabbricazione e detenzione di arma da guerra si trovano infatti a processo, davanti al Collegio del Tribunale di Rovigo, 15 indipendentisti veneti e lombardi. E, nell’udienza di ieri, il pm, nella sua requisitoria, ha spiegato che, come testimoniano disegni ed intercettazioni, sul tanko doveva essere montato un sistema di sparo con due “cannoncini”, che quanti lavoravano nel capannone, che loro stessi definivano “arsenale”, chiamavano “bega” e “beghetta”.
 

MEZZO DI ATTACCO
«Dalle registrazioni – ha aggiunto il pm - emerge come non si escludesse lo scontro con le forze dell’ordine e la previsione di dover resistere». Aspetto che sarebbe testimoniato anche dal ritrovamento di quello che è stato definito “kit di sopravvivenza”, con varie attrezzature, dalla bussola ai binocoli, ma anche, da buoni veneti, una bottiglia di grappa. Alla luce di queste considerazioni e dei diversi ruoli nel processo di realizzazione del tanko, il pm ha chiesto una condanna a 5 anni di reclusione per Luigi Massimo Faccia, 65 anni, di Conselve, per Tiziano Lanza, 58 anni, di Bovolone, e per Flavio Contin, 77 anni, di Casale di Scodosia, “reduce” dell’assalto al campanile di San Marco nel ‘97 con il primo “tanko”. Di 3 anni e 6 mesi, invece, la richiesta di condanna formulata per Severino Contin, gemello di Flavio; Marco Ferro, 53 anni, di Lendinara, unico polesano a processo e “responsabile operazioni sperimentali”, ovvero autore della prima prova di sparo nel capannone; Luca Vangelista, 56 anni, fabbro, nato a Rivoli ma residente a Verona; Corrado Turco, 52enne di Isola Rizza; Stefano Ferrari, 50 anni, di Sulzano, in provincia di Brescia; Andrea Meneghelli, 53 anni, residente a Bovolone; Pierluigi Bocconello, 71 anni, di Chivasso; Antonio Zago, 47 anni di Bovolone; Monica Emanuela Zago, 54 anni, di Isola della Scala, residente a Bovolone; Michele Cattaneo, 39enne bresciano, tornitore di professione.

DUE SOLI SCAGIONATI
Chiesta invece l’assoluzione per Sergio Bortotto, 58 anni, nato a Vicenza ma residente a Villorba, nel Trevigiano e per il 38enne moldavo Alexandru Budu, residente a Cremona, l’ingegnere che aveva fornito i disegni tecnici per la realizzazione di un otturatore. Per quest’ultimo, ha rimarcato il pm, non è provato il grado di consapevolezza sull’uso finale del progetto. I consulenti delle difese hanno definito il tanko «un costoso ed elaborato carro mascherato da Carnevale» e i “cannoncini” «nulla più di inerti tubi metallici». Ben diversa la ricostruzione accusatoria, con il pm Duò che ha citato la perizia dell’ingegner Giampiero Costanzo: «il tanko era lento, ma non fermabile, una “casamatta mobile” per combattimenti urbani resistente alle munizioni delle forze dell’ordine, trattato con vernice ignifuga e con una protezione balistica 3 di livello Nato in una scala da 1 a 6: per metterlo fuori uso si va in uno scenario di guerra». Parola alle difese il 17 marzo.
 
 
Ultimo aggiornamento: 14:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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