Calo demografico, il Polesine si svuota a cifre record: persi 200 residenti in un solo mese

Il tasso di decrescita è del meno 6,5 mille e risulta così il più alto del Nord Italia che si attesta a meno 3

Giovedì 27 Aprile 2023 di Francesco Campi
Sempre meno residenti in Polesine

ROVIGO - Gli abitanti in Polesine continuano a calare vertiginosamente. Solo a dicembre se ne sono persi circa 200. E così, al primo gennaio del 2023, secondo i primi risultati diffusi dall’Istat, i residenti in provincia erano 227.400. Nel giro di un anno, dunque, se ne sono persi 1.500, rispetto ai 228.902 di gennaio 2022, mentre sono oltre 7.500 se si guarda al gennaio 2019. Nel 2011, valore più alto dal 2000, si contavano ancora 248mila abitanti, mentre nel 1951 ne erano stati censiti ben 357.963 residenti. Più che un calo, un crollo.
 

IL CONFRONTO
Non a caso, il tasso di decrescita della provincia di Rovigo è il più alto di tutto il Nord Italia, ben il meno 6,5 per mille rispetto al meno 0,7 per mille del Nordest. Una variazione superiore perfino a quella di Sud e isole, meno 6,3 per mille, e più che doppia rispetto al dato medio nazionale, pari a meno 3 per mille. A conti fatti, se l’Italia perde residenti, il Polesine lo fa due volte più velocemente. E se si considera che Eurostat per la fine del primo secolo del nuovo millennio stima a poco più di 50 milioni la popolazione italiana, 50,19 milioni nel 2100, oltre 8 milioni e mezzo in meno rispetto ai 58,85 milioni del gennaio di quest’anno, la prospettiva per il Polesine sembra essere quella di una desertificazione. Con la demografia, però, non si possono facilmente fare previsioni a lungo termine, perché può succedere di tutto, nel bene e nel male.
 

GLI INDICATORI
Intanto, però, guardando ai vari indicatori, ben si capisce perché la popolazione fra Adige e Po sembri defluire giorno dopo giorno. Il tasso di natalità in Polesine nel 2022 è stato pari al 5,1 per mille, rispetto a una media nazionale esattamente pari a quella del Nordest, ovvero il 6,7 per mille. Nel corso dello scorso anno sono nati circa 1.200 bambini, lo 0,5% in meno rispetto al 2021. A livello nazionale, nota l’Istat, «nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrò un aumento delle nascite, il calo è di circa 184mila nati, di cui circa 27mila concentrate dal 2019 in avanti. Questa diminuzione è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. In realtà, tra le cause pesano molto tanto il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive».
 

LA NATALITÀ
A ben guardare, un raggio di ottimismo sembra filtrare proprio dalle culle, alle quali sembra guardare, con nostalgia delle campagne sulla maternità di un secolo fa, l’attuale governo, seppur gran parte di quei nati abbiano proprio radici straniere. Se il numero medio di figli per donna, che in Polesine è appena 1,09, ben al di sotto del 1,20 di media nazionale, tuttavia è leggermente cresciuto rispetto a 1,06 del 2021 e a 1,05 del 2020. Inoltre, l’età media del parto qui è più bassa della media, seppur di qualche decimale: 32,1 rispetto a 32,4. Alle poche nascite fanno riscontro le tante morti, 3.400, in aumento del 4,5%, con il tasso di mortalità al 15 per mille, a fronte di una media nazionale del 12,1 per mille. Sempre meno nascite e sempre più morti, quindi. Questo anche perché ormai i bambini, fra 0 e 14 anni, sono ridotti a un decimo dell’intera popolazione polesana, il 10,5% rispetto a un dato medio italiano del 12,5%, mentre la popolazione anziana, over 65, è ben il 27,7%, mentre la quota media nazionale è il 24,1%.
L’età media in provincia di Rovigo è dunque di oltre 49 anni, mentre quella italiana è poco più di 46.

La differenza fra nati e morti, il cosiddetto saldo naturale, porterebbe la popolazione a calare a un ritmo ancora più sostenuto, il 9,9 per mille. A tenere ancora a galla il “vecchio” Polesine, quindi, sono i saldi migratori. In positivo sia per i flussi nazionali che per quelli esteri. Di poco sopra lo zero, per la verità, il tasso migratorio interno, comunque il più 0,7 per mille, che in un simile quadro è una manna. Ben più consistente, invece, il tasso migratorio estero, il 4%.

Ultimo aggiornamento: 09:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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