Controlli in agricoltura, task force per il progetto "Alt caporalato!"

Martedì 10 Agosto 2021 di Alessandro Garbo
Lavoratori nella raccolta dei pomodori

ROVIGO - Nuovo giro di vite sul caporalato: sono stati trovati 17 lavoratori in nero. L’Ispettorato del lavoro di Rovigo, nell’ambito del progetto “Alt Caporalato!”, ha coordinato una task force in partnership con l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) Italia, che ha interessato per tre settimane l’agricoltura polesana. I controlli sono stati concentrati sia in aperta campagna, sia negli stabilimenti produttivi dove vengono svolte tutte le attività agricole connesse di lavorazione del prodotto: cernita, preparazione e confezionamento.

I CONTROLLI
L’attività di vigilanza straordinaria ha interessato sia l’Alto che il Basso Polesine e l’effetto sorpresa - considerate le difficoltà a individuare e raggiungere alcuni dei terreni agricoli - ha consentito di ravvisare numerose irregolarità. Ecco i numeri dell’operazione: sono state ispezionate complessivamente 24 imprese (società e ditte individuali), con 118 lavoratori controllati, di cui 18 cittadini italiani, 41 cittadini comunitari e 59 provenienti da Paesi extra Ue, in particolare da Marocco e Pakistan. Gli accertamenti ispettivi risultano tutt’ora in corso, tuttavia già in occasione dell’accesso ispettivo sono stati riscontrati illeciti per lavoro “in nero” e altre violazioni in materia contrattuale riferiti a 17 lavoratori. Puntuale come ogni estate il fenomeno del caporalato torna a farsi sentire in Polesine: ci sono decine di lavoratori costretti a orari massacranti, in condizioni precarie e con paghe ridotte, senza tutela e copertura contrattuale, persone sempre “ricattabili”. 
PREOCCUPAZIONE
Mauro Baldi, segretario generale della Flai Cgil che si occupa del settore agro-industria, da quasi tre anni sta combattendo per superare il fenomeno: «Da quando sono stato eletto segretario mi sono impegnato per cercare di risolvere questa problematica che affligge il Polesine, è l’ennesimo caso che si registra nella provincia. Come previsto dalla legge 199, abbiamo chiesto da tempo di istituire un tavolo a livello provinciale: Prefettura, Questura, Inps, Inail, Uffici per l’impiego, datori di lavoro e sindacati devono agire assieme per contrastare un fenomeno sempre più diffuso. Mi aspetto, inoltre, una netta presa di posizione delle associazioni di categoria, perché alcune aziende “dopano” il mercato, fanno concorrenza sleale e tengono bassi i costi della manodopera. Servono provvedimenti concreti, si obbliga la manodopera a lavorare per 5 euro all’ora e sappiamo che alcune aziende arrivano a offrire anche solo 3 euro all’ora». Baldi rivolge un nuovo appello alle istituzioni: «Un mese fa è stato firmato un protocollo d’intesa sottoscritto da Ministero dell’Interno, Ministero el Lavoro, Anci e sindacato Flai Cgil nel quale si chiede vengano istituiti tavoli di lavoro per arginare il caporalato». 
L’IMPEGNO
Elena Donazzan, assessore regionale al Lavoro, garantisce il massimo impegno: «Solo attraverso le indagini e i controlli si può realmente affrontare il tema del caporalato e, quindi, difendere lo sviluppo dell’occupazione in un settore, quello dell’agricoltura, che in Veneto vale quasi tre miliardi di euro.

Il protocollo di intesa tra istituzioni siglato due anni fa per contrastare lo sfruttamento lavorativo è una delle tante politiche per il lavoro che il Veneto ha attivato per combattere il fenomeno. La Regione si è sempre resa disponibile, mettendo a disposizione ogni strumento capace di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta, specialmente nel settore agricolo, promuovendo i servizi offerti dai Centri per l’impiego alle aziende del comparto, per facilitare l’inserimento dei lavoratori, promuovere concrete azioni per rafforzare le condizioni di legalità, di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro, oltre a favorire efficaci azioni di informazione e tutela dei diritti dei lavoratori».

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