Rovigo. Morte di Giacomo Magaraggia, lo sdegno della mamma per l'archiviazione dell'indagine: «Quell'accusa infamante che ci ha dato il colpo di grazia»

Giovedì 25 Gennaio 2024 di Francesco Campi
La protesta davanti al Tribunale

Un video, per tornare a ribadire la propria dolorosa amarezza per l’esito delle vicende giudiziarie legate alla drammatica scomparsa di Giacomo Magaraggia, morto il 30 ottobre 2020 mentre si trovava al Pronto soccorso dell’ospedale di Rovigo, a causa di una pericardite non diagnosticata. A diffonderlo, Lucia Picanza, la mamma di Giacomo.

«Oggi - spiega nel video la madre - faccio quello che ho sempre fatto da quando sono madre, difendere i miei figli dalle ingiustizie e dalla mancanza di adeguate risposte da parte delle istituzioni. Voglio comunicare la mia delusione e il mio sdegno per l’archiviazione del procedimento penale che avevamo intentato per l’affermazione falsa e infamante contenuta nel referto dell'autopsia e dalla quale Giacomo non può difendersi: “Notizie cliniche riferite dal fratello della vittima al medico del P.S.

e non confermate: abituale uso di insulina e anabolizzanti, saltuario uso di droghe (cocaina e cannabis)”. Dopo le prime richieste di spiegazioni, tale frase è stata addirittura incredibilmente soppressa, è non è più comparsa nello stesso referto inviatoci nuovamente. Una frase inaccettabile che ha dato il colpo di grazia ai nostri cuori, già gravemente feriti».

La famiglia, nel settembre 2021, aveva presentato un esposto perché fosse fatta piena luce sulla tragedia che dalla quale era stata travolta. Già lo scorso marzo il padre Roberto, giornalista e già consigliere comunale, aveva dato vita ad uno sciopero della fame per urlare in modo non violento il desiderio di avere risposte, perché ancora nessuna indagine risultava avviata. Poi la richiesta di archiviazione da parte della Procura alla quale era stata fatta opposizione. Archiviazione, decisa poi dal giudice per le indagini preliminari una decina di giorni fa e che ha portato i genitori a manifestare davanti al tribunale dietro la scritta “Ingiustizia”. 

«Dalle indagini da noi svolte e allegate agli atti – spiega ancora la madre di Giacomo - abbiamo subito conosciuto il nome del medico del Pronto soccorso, che ha riferito all'anatomopatologo di aver avuto telefonicamente tali informazioni da Alberto. Dai tabulati telefonici da noi richiesti, allegati agli atti, si poteva accertare che mio figlio non ha mai fatto quella telefonata. Dichiarazioni false e infamanti, molto lesive per me, perché si riferiscono a mio figlio Giacomo, morto da poco, ed a mio figlio Alberto, che non ha mai parlato al telefono con il dottore del Pronto soccorso. Io so qual è la verità, è quella presente nelle indagini preliminari è quella presente nei tabulati telefonici. Quello che non saprò mai è perché questa menzogna sia stata pronunciata e perché una menzogna diventa più credibile della verità».

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