Cartiere del Polesine. Nel regno della carta riciclata: la fabbrica della fammiglia Scantamburlo si estende per 180mila metri quadrati

Tra Adria e Loreo. Fatturato da 135 milioni di euro all'anno e 170 dipendenti

Mercoledì 8 Giugno 2022 di Claudio De Min
Cartiere del Polesine. Nel regno della carta riciclata

Per scoprire come sono nate, da dove sono partite e come hanno fatto a diventare le più importanti d'Italia le Cartiere del Polesine di Adria e Loreo, bisogna riavvolgere il nastro fino agli anni cinquanta e partire da un commerciante di frutta e verdura, Antonio Scantamburlo da Trebaseleghe (Pd), un tipo intraprendente che i contadini adoravano, perché comprava i loro prodotti e gli dava da vivere.

Insomma, un benefattore. Anche per la famiglia, se vogliamo, che alla fine avrebbe contato la bellezza di sette figli, sei maschi e una femmina, fra questi Roberto, che aveva fatto carriera alla Rai come tecnico e fu vittima di un incredibile incidente sugli sci, mentre era inviato per una gara di coppa del mondo con il mitico Alfredo Pigna. Come si sia passati dall'ortofrutta alla gigantesca cartiera di oggi, ad un fatturato di 135 milioni di euro l'anno scorso, 170 dipendenti diretti e 120 dall'indotto (quasi tutti polesani, fra l'altro), 350 mila tonnellate di carta lavorata e 300 mila di carta finita, è una storia che ci racconta Girolamo Scantamburlo, Gilmo per gli amici, ad dell'azienda (invece il presidente è Luciano Scantamburlo, che gli appassionati di calcio mestrini ricorderanno vice presidente della società arancione ai tempi di Erminio Maccatrozzo).


LA STORIA
Un viaggio ovviamente lento, iniziato quasi per caso, passando anche per i bachi e la filanda, la crisi della seta, il trasferimento a Mestre (Perché il papà riteneva che in città ci fossero più possibilità di studio per i figli) e l'inizio della raccolta di carta, che al tempo veniva pulita a mano con una tecnica chiamata grigliatura. Dal commercio di carta alla cartiera, la strada era quasi segnata, anche se dietro il successo di oggi ci sono momenti difficili, luci e ombre, alti e bassi (come il fallimento del 1967), la realizzazione di un importante insediamento a Favaro Veneto (1971) appena fuori Mestre, l'acquisizione della cartiera di Loreo nel 1986 (ancora attiva) e la realizzazione di quella attuale (95), per un totale di quattro linee di produzione che presto diventeranno cinque: «Grazie al piano Area Industriale Attrezzata, acquisimmo il terreno dal comune ad un prezzo molto conveniente, anche se poi l'investimento per l'impianto fu decisamente impegnativo».


IL SUCCESSO
Oggi, quasi trent'anni più tardi, si può ammirare lo spettacolo sorprendente delle Cartiere del Polesine 180 mila metri quadri complessivi nei due stabilimenti (45 mila coperti) fra fabbrica, uffici, parcheggi e spazi per la movimentazione dei mezzi: il via vai degli enormi autoarticolati che entrano ed escono di continuo (una sessantina di mezzi, fra quelli di proprietà e quelli delle aziende partner), la sterminata distesa di grandi cubi di carta proveniente dal riciclo, quella che noi buttiamo ogni giorno, se siamo bravi, negli appositi contenitori della raccolta differenziata, messe una accanto all'altra in attesa di essere lavorate. Il viaggio dentro al ciclo produttivo svela macchinari giganteschi, pompe che a getto continuo sputano acqua sporca assieme ai rifiuti, balle di carta che una volta ripulite e depurate diventano un impasto, e l'impasto che via via diventa foglio, e il foglio finito che si trasforma in rotolo, centinaia di rotoli allineati, 25-30 quintali di peso, valore che si aggira attorno ai 20 mila euro ciascuno, in un via vai di addetti ad alta specializzazione, chimici ed ingegneri compresi, che tengono sotto controllo l'intero percorso di trasformazione, osservando lo scorrere dei dati sui monitor e smanettando sui computers fino al prodotto finito. E ancora un magazzino ricambi totalmente digitalizzato, e talmente sterminato che dentro bisogna spostarsi in bicicletta, e dove sono accatastati pezzi minuscoli, del valore di pochi spiccioli, ma anche turbìne da 60 mila euro (più o meno come quelle degli aerei, tanto per dare un'idea di cosa parliamo) sempre disponibili e rintracciabili in pochi istanti in caso di emergenza. Perché le macchine - fra rumore a volte assordante (consigliate le cuffie - indispensabili ovviamente per chi lavora anche per i visitatori) e temperature da sauna per via del vapore, uno degli elementi indispensabili per la lavorazione non si fermano mai, corrono e sbuffano 24 ore su 24 e sette giorni su sette, senza sosta e senza respiro. Però con grande attenzione all'etica, al destino delle persone, all'ambiente, al riciclo, alla produzione di energia in proprio, per far convivere lavoro e qualità della vita, degli operai e dei residenti.


IL QUARTIER GENERALE
E poi un'infilata di moderni uffici, in buona parte occupati dai cinque fratelli e da sei fra figli e nipoti. E infine, alle pareti, un'affascinante galleria d'arte permanente, dove si espongono le sorprendenti opere di artisti di livello internazionale, decine e decine di lavori uno accanto all'altro sulle scale, negli uffici, nei corridoi, nelle sale d'attesa, lavori nei quali la base di partenza è proprio la carta. Opere realizzate dieci anni fa appositamente per la mostra Rivers of A.I.R. (Art-Industry-Recycling), arte che nasce dal riciclo industriale, ma anche omaggio ai fiumi, che qui sono il paesaggio e la vita stessa, dove 50 artisti da tutto il mondo realizzarono un'opera a partire dalla carta riciclata fornita dalle Cartiere stesse, e raccolte anche in un prezioso catalogo: piccoli fogli di carta destinata al macero diventati opere d'arte.
«Il nostro è uno dei settori che non hanno risentito della pandemia sul piano del fatturato ma poi siamo andati in difficoltà per via della difficoltà di reperimento dei pezzi di ricambio, fondamentali per un ciclo produttivo come il nostro che non può fermarsi. E quando anche i pezzi si trovano, dobbiamo sottostare a prezzi esagerati, esplosi dalla legge della domanda dell'offerta e della domanda. E del resto prendere o lasciare e noi dobbiamo prendere, costi quel che costi.


I PROBLEMI
In più, adesso, c'è il problema del caro gas: «Per il momento i costi sono stati parzialmente assorbiti attraverso l'aumento di prezzo del prodotto finito, alimentando però inevitabilmente una spirale che porta all'inflazione, adesso dovrebbero arrivare ristori fra il 15 e il 20 per cento, riconosciuti alle aziende energivore come la nostra. Teniamo botta ma la situazione non è delle migliori». In un simile contesto c'è il rischio che un'azienda appetibile come la vostra ceda alle numerose offerte di acquisizione? «Non nascondo che le proposte non mancano, soprattutto dall'estero, ma abbiamo sempre respinto qualsiasi tentazione. E speriamo di avere la forza di farlo anche in futuro».

Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 10:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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