Congelato il progetto di rinascita del Po: in Polesine fermati lavori per 37 milioni. Ambientalisti sul piede di guerra

Domenica 8 Ottobre 2023 di Francesco Campi
Pioppeti in riva al Po, ad Ariano

ROVIGO - Nebbia in val Padana, una coltre fitta ha avvolto il grande progetto per la “rinaturazione dell’area del Po”, uno dei più consistenti fra quelli finanziati nell’ambito del Pnrr, e l’unico destinato alla biodiversità. Ben 357 milioni di euro, oltre un decimo dei quali per interventi nel tratto polesano e nel Delta. Ma tutto si è impantanato prima ancora di iniziare. Nel 2024 dovevano partire i primi interventi, ma sembrano essere emersi problemi non rapidamente risolvibili. Il tempo, però, stringe perché con il Pnrr la pena per chi non rispetta la tabella di marcia è la revoca del finanziamento.

RESISTENZE INTERNE

A conferma di come il progetto abbia trovato resistenze interne, il fatto che Regione Lombardia, con ben quattro assessori, sia intervenuta con toni enfatici, esprimendo «soddisfazione», per il fatto che l’Aipo, soggetto attuatore dell’intervento, abbia inviato «ai Ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente, e a tutti gli organi competenti, una comunicazione in cui è sospesa la determinazione conclusiva a seguito della Conferenza dei servizi». Il perché della soddisfazione lo spiegano gli stessi assessori lombardi: «Il progetto avrebbe utilizzato quasi 360 milioni di euro per trasformare il Po. Tornando indietro di decenni e tagliando il rapporto vitale tra il fiume e il territorio circostante. Penalizzando, inoltre, settori economici vitali per la Lombardia e con effetti ambientali dubbi. Senza dimenticare i pareri fortemente contrari di molte categorie produttive».
Per essere ancora più chiari su quale sia l’idea che la Lombardia ha del Po, martedì, il Consiglio regionale ha approvato una mozione sulla “bacinizzazione” del fiume, che è un’artificializzazione a scopi economici, esattamente il contrario della rinaturazione. Operazione che già in tempi non lontani aveva creato tensioni con chi si trova a valle, a cominciare dai Consorzi di bonifica polesani, che ne hanno stigmatizzato le possibili ripercussioni negative sia sulla risalita del cuneo salino che per gli usi irrigui, ma anche a proposito del contrasto all’erosione costiera.
La questione è spinosa. Significativo il fatto che l’assessore veneto all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin, che è stato anche presidente del comitato di indirizzo di Aipo, che ben conosce la materia e che nell’agosto 2021, dopo la prima riunione della cabina di regia per la rinaturazione del Po, aveva parlato di «un progetto strategico, di grandissima importanza per la tutela della biodiversità e il ripristino ambientale, ma anche per garantire sicurezza al territorio attraverso la riduzione del rischio idrogeologico», scelga ora la via del silenzio preferendo non intervenire.

FAVOREVOLI ALLO STOP

Chi, invece, è intervenuto subito per esprimere il proprio favore allo stop è Federlegno Arredo, che rappresenta la filiera della lavorazione del legno ed il cui vicepresidente Paolo Fantoni spiega: «Accogliamo con soddisfazione quanto deciso da Aipo, che ha ritenuto opportuno, almeno per il momento, non dare attuazione al progetto così come era stato formulato. Come Federazione ci siamo tempestivamente attivati, perché il piano precedentemente individuato avrebbe avuto un impatto almeno del 12% sul totale della pioppicoltura della pianura Padana».
Trionfante anche Confagricoltura, che punta il dito sugli «espropri che avrebbero riguardato la coltivazione del pioppo su 7.000 ettari di terreno, il 15% della superficie coltivata in Italia. In Veneto i decreti di esproprio e di revoca delle concessioni di coltivazioni a pioppo in golena del Po avrebbero riguardato cinque aree, tutte nel Delta. La pioppicoltura nell’alveo del fiume in Polesine interessa circa 500 ettari, pari a 150.000 alberi, per un valore in dieci anni di 15 milioni di euro. Il piano di rinaturazione interesserebbe, per ora, alcune zone collocate nel Comune di Ariano del Polesine». Il presidente della sezione colture legnose di Confagricoltura Veneto, Gianluigi Pippa, titolare non a caso di un’azienda di pioppicoltura, ci va giù secco: «Auspichiamo che questo stop procedurale sia l’occasione per rivedere un progetto che riteniamo inefficace e dannoso».
 

Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 09:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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