Mose, il Consorzio può chiedere
Resta in laguna il processo a Matteoli

Venerdì 20 Maggio 2016 di Gianluca Amadori
Mose, il Consorzio può chiedere Resta in laguna il processo a Matteoli
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Resta a Venezia il processo per corruzione a carico dell’ex ministro dell’Ambiente e delle Infrastrutture, il senatore Altero Matteoli. E anche il Consorzio Venezia Nuova (Cvn) vi potrà prendere parte in qualità di parte civile con l’obiettivo di ottenere un risarcimento. Lo ha deciso ieri il Tribunale di Venezia, sciogliendo la riserva sulle eccezioni proposte dai difensori degli otto imputati del processo per lo scandalo Mose, che vede sotto accusa anche l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni. Il collegio presieduto da Stefano Manduzio ha ritenuto che il presunto accordo corruttivo tra Matteoli e l’allora presidente del Cvn, Giovanni Mazzacurati, si sia concretizzato in laguna, con la firma del contratto con la società Socostramo di Erasmo Cinque (anche lui imputato), al quale, secondo i pm, furono assegnati lavori per il Mose per fare un favore a Matteoli, suo amico. La difesa voleva il processo a Roma, dove sono stati pagati i lavori.

Il Tribunale ha ammesso quali parti civili anche Ministero delle infrastrutture, Regione Veneto, Città metropolitana e Comune di Venezia. Respinte, invece, le richieste di Codacons, ambientalisti e di Ignazio Conte (che voleva partecipare al processo come semplice cittadino danneggiato): secondo i giudici non hanno alcun interesse da difendere a giudizio. Rigettata anche l’istanza dell’avvocato Mario D’Elia il quale, in qualità di candidato alle elezioni 2010 per il Comune di Venezia, sosteneva che i finanziamenti di Mazzacurati e contestati come illeciti a Giorgio Orsoni - poi eletto - hanno falsato la contesa. Tesi non condivisa dal Tribunale, non tanto per il notevolissimo divario di voti ottenuti, quanto perché «non vi è alcun elemento per ritenere che le somme illecitamente conseguite, in ipotesi di accusa, siano confluite in quelle utilizzate per la competizione elettorale e non invece trattenute per fini personali».

Sarà il processo a dover accertare se il finanziamento illecito confessato da Mazzacurati sia davvero avvenuto (Orsoni nega). Nell’ordinanza, i giudici hanno aggiunto un’ulteriore ipotesi da verificare: ovvero che quei soldi possano non essere finiti al Pd per sostenere la campagna elettorale, come peraltro alcuni esponenti del partito hanno già escluso ai pm.

Accusa e difesa hanno elencato le fonti di prova da acquisire nel dibattimento, quasi tutte ammesse. Con l’eccezione dei testimoni (tra cui l’ex difensore di Orsoni, Daniele Grasso) che i legali dell’ex sindaco volevano ascoltare per dimostrare che l’iniziale richiesta di patteggiamento presentata dopo l’arresto non costituisce un riconoscimento di responsabilità da parte di Orsoni, ma solo un modo per tornare libero e impedire che il Comune si trovasse in difficoltà. Questa circostanza è stata ritenuta non pertinente con l’attuale processo. Il Tribunale, infine, ha "tagliato" da dieci a tre, i familiari di Mazzacurati (tra cui ex moglie e figli) che la difesa di Lia Sartori (imputata di finanziamento illecito) vuole interrogare per far emergere comportamenti poco trasparenti dell’ex presidente del Cvn. 

Tutti ammessi a testimoniare i medici che ebbero in cura Mazzacurati fin dal 2005. Il 16 giugno saranno ascoltati i finanzieri che hanno condotto le indagini. La battaglia sull’utilizzabilità delle confessioni di Mazzacurati, ora malato in California e dichiarato incapace di deporre, è rinviata.
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