Gli industriali che non tradiscono
«Ecco perché non delocalizziamo»

Venerdì 18 Settembre 2015 di Alessandro Comin
Alessandro Zamperla e Paolo Fazioli
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Stregati dalle melodie di Ravel o dai colori dei luna park, che hanno orientato le loro scelte professionali. Ma soprattutto perennemente innamorati del loro Nordest. Quello nel quale sono diventati prima uomini e subito dopo industriali di successo. Quello della cui gente si sentono responsabili al pari che dei loro clienti. Quello che genera un senso di appartenenza che significa radici profonde ma anche rami da continuare a far spuntare.



Paolo Fazioli, con i suoi pianoforti di Sacile, e Alberto Zamperla, con le sue giostre di Altavilla Vicentina, hanno conquistato il mondo. Ma non pensano neppure lontanamente a trasferirsi, a delocalizzare. Se la vita per le imprese in Italia è difficile, la prendono come una sfida ulteriore, legati da un debito di riconoscenza. Significativamente, sono le loro storie quelle che aprono il libro di Grazia Lissi "Il coraggio di restare" (Longanesi editore), raccolta di vicende esemplari degli industriali italiani che resistono alle sirene dall’estero. Il volume sarà presentato domani alle 10 a Pordenone a Palazzo Montereale Mantica, nell’ambito di Pordenonelegge. Per gentile concessione dell’editore, Il Gazzettino ne anticipa alcuni passi.



Dai suoi studi di pianoforte da ragazzo Fazioli ha sviluppato una passione per questo strumento che lo ha portato a sviluppare una produzione nell’ambito dei mobilifici di famiglia. «Prima di me c’erano stati piccoli artigiani che avevano provato a costruire pianoforti in Italia e, per venderli, anziché dar loro il proprio nome, si erano inventati nomi di fantasia che suonavano "tedesco". Non ho mai pensato di fare così. L’identità italiana per un’azienda come la nostra è fondamentale», racconta a Lissi. «E quando - spiega l’autrice - nel 2000 il mobilificio di famiglia chiude, Paolo assume i migliori dipendenti che precedentemente vi lavoravano. Oggi, dalla fabbrica di Sacile, escono ogni anno centotrenta strumenti, ma la produzione si sta estendendo per arrivare a centosessanta, di cui il novanta per cento destinato ai mercati esteri. Nella fabbrica di Sacile lavorano quarantacinque persone, e ci vogliono due anni per completare un pianoforte forgiato in ogni dettaglio dalle mani esperte degli artigiani. Sono sei i modelli prodotti, fra i quali il pianoforte gran coda F278, riconosciuto dalla rivista The Economist come il migliore al mondo».



Come Fazioli, anche Alberto Zamperla ha trasmesso ai figli la sua passione per l’attività di famiglia. Anche questo, forse, contribuisce ad alimentare un senso di responsabilità nei confronti del prossimo. «Non lascerò mai a casa una donna separata con tre figli», gli disse una volta il padre Antonio revocando il licenziamento di una dipendente: un momento, rievoca Alberto, nel libro, che gli insegnò molto. E oggi «so che, se chiedessi ai miei ingegneri e ad alcuni dipendenti di trasferirsi, mi seguirebbero. Con tutte le tasse che pagano qui non ci penserebbero due volte». «D’altra parte Alberto sa che non tutti partirebbero, e così la Zamperla spa resta per loro, per conservare quella creatività che a volte esplode ad Altavilla come un boomerang, tocca tutti i continenti seminando attrazioni e buonumore». Anche da Nordest si può spaziare nel mondo.
Ultimo aggiornamento: 10:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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