Faccia, l’irriducibile venetista:
«Io non tratto con il nemico»

Venerdì 2 Maggio 2014 di Giuseppe Pietrobelli
Luigi Faccia
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VICENZA - Non si arrende l’ultimo dei venetisti, arroccato nell’orgogliosa difesa di un’identità collettiva veneta che affonda nel passato della Repubblica Serenissima e di una coerenza personale che diede vita alla presa del Campanile in piazza San Marco.



Luigi Faccia, padovano, il Presidente del Veneto Serenissimo Governo proclamato nel 1997, ma allo stesso tempo capo dell’Alleanza che avrebbe dovuto far ripartire ai giorni nostri l’insurrezione popolare dal cuore di Venezia, ha deciso che non tratterà con il nemico. O, almeno, non con i pubblici ministeri di Brescia che giusto un mese fa ne hanno ottenuto l’arresto, assieme ad altre 23 persone. E neppure con il gip che firmò l’ordinanza secondo cui nel Lombardo-Veneto era stata costituita una associazione eversiva dell’ordinamento democratico. Terroristi in nome del Leone e della voglia matta di secessione.



Chiuso in isolamento, in una cella del carcere di Vicenza, con qualche rara lettera che gli arriva da parenti e simpatizzanti, Faccia è in attesa. Come i soldati giapponesi che continuarono a combattere nella giungla anche quando la guerra era finita, persiste nel negare autorità allo Stato italiano, ai suoi magistrati, ai suoi carabinieri. E attende - prima di chiedere la libertà, nonostante si proclami innocente - che si compia l’iter burocratico avviato il 15 aprile quando il Tribunale del Riesame di Brescia ha fatto a pezzi le motivazioni degli arresti. I neo-serenissimi non dovevano finire in carcere perchè mancavano elementi a sostegno dell’ipotesi di una banda terroristica da parte dei "patrioti" separatisti.

Il paradosso è che Faccia non ha voluto presentare ricorso e la giustizia non gli ha quindi esteso i benefici di quella decisione. Lo stesso è accaduto all’altro imputato ancora in cella, Marco Ferro di Arquà Polesine, assistito dall’avvocato Umberto Perilli di Conselve, che proprio ieri si è visto respingere dal gip la richiesta di domiciliari. Sono in due ad aver così spento ieri le candeline del primo mese da uomini non più liberi. Faccia parla, attraverso uno dei suoi difensori, l’avvocato Alessandro Zagonel di Vicenza: «Sono un prigioniero di guerra, detenuto in spregio alle fondamentali norme di diritto internazionale e in violazione dei diritti umani». Anche se libero, sembra essersi sentito sempre così, da quando fu arrestato nel 1997: un ostaggio della storia e della politica che non hanno mai riconosciuto al Veneto dignità di nazione.



Egli non fece parte del commando che occupò San Marco perchè da Presidente della Veneta Serenissima Repubblica avrebbe dovuto fare la sua apparizione per trattare con lo Stato italiano, assieme all’Ambasciatore Giuseppe Segato (oggi scomparso).

Ora Faccia attende, almeno per un’altra settimana, la resa procedurale dei suoi nemici. Che per lui sarebbe un bel successo. Infatti, il 7 maggio scade il termine di legge in base al quale la Procura di Rovigo (investita dal Riesame di Brescia della competenza territoriale dell’inchiesta) può rinnovare il provvedimento di custodia cautelare - ammesso che ritenga di farlo - per i venetisti accusati della costruzione del Tanko trovato a Casale di Scodosia, nel Padovano, ma rientrante nella giurisdizione polesana. Se i giudici non lo faranno, scatterà l’automatica decadenza della detenzione. «Luigi Faccia attende quel giorno per sapere se il giudice competente lo vorrà tenere in galera, e solo in questo caso deciderà se ricorrere al Riesame» spiega il difensore.



Faccia non si piega, anche perchè dal ’97 al 2011 ha vissuto un’odissea di processi, fino a veder cadere le accuse di terrorismo per il primo blitz, clonato ora dai progetti di Alleanza, con identico Tanko e scelta di conquistare il salotto buono di Venezia. «Ora lo Stato italiano - dichiara - in assenza di alcun atto di violenza, ha riproposto tali antistoriche accuse e in via cautelare, con indizi raccolti da una forza militare e l’avallo di alcuni magistrati, ha privato della libertà cittadini veneti colpevoli solo di perseguire i loro ideali e il percorso di autodeterminazione del proprio popolo».



È la sindrome della persecuzione, che in qualche modo trova conforto nelle approssimazioni burocratiche della giustizia italiana. «È trascorso un mese dall’arresto di Faccia e non ci è stato ancora concesso l’accesso agli atti, le prove che hanno portato all’arresto» denuncia l’avvocato Zagonel, che assiste Faccia assieme ad Andrea Arman. È accaduto che gli atti (già spediti in parte a Rovigo per competenza) sono stati consegnati al tribunale di Brescia in originale. E così la Procura non ha una copia da consegnare ai difensori di Faccia.

Intanto il detenuto attende, incrollabilmente ancorato alle sue certezze ideologiche, sintetizzate da decine di intercettazioni dei carabinieri del Ros.



«L’oratore Faccia Luigi spiega che è arrivato il momento di agire ed ora inizia la liberazione del Veneto. Le azioni che faremo ci dovranno vedere tutti uniti come non mai, perchè se siamo un nucleo compatto nessuno potrà dividere le nostre idee. Quando agiremo dovremo stare molto attenti, perchè il regime che ci occupa, per quanto marcio sia, l’ultimo colpo lo infliggerà con la repressione di Polizia e nel sistema fiscale». Un brogliacco dei carabieri redatto nel 2014? Macchè, è il verbale di una seduta della Veneta Serenissima Repubblica del 3 ottobre 1992. Da allora il mondo è cambiato, ma Luigi Faccia è rimasto sempre lì, fasciato dalla bandiera di San Marco, ultimo, irriducibile combattente di una guerra che non c’è.
Ultimo aggiornamento: 3 Maggio, 07:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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