Friuli, il maltempo rivela un territorio fragilissimo: ecco la mappa delle zone a rischio e cosa fare per proteggerlo

Giovedì 26 Ottobre 2023 di Loris Del Frate
Maltempo in Friuli

PORDENONE/UDINE - Dallo sghiaiamento dei fiumi sino alla pulizia dei canali, rii interni e dei tombini. Tutte iniziative fondamentali e suddivise per competenza (Regione, Comuni, partecipate) per cercare di mantenere un territorio il meno esposto al maltempo. E che la regione Friuli Venezia Giulia abbia una fragilità decisamente marcata è evidente: ogni volta che si accende la spia gialla, arancione o peggio rossa dell'allerta meteo, c'è da mettersi le mani nei capelli per quello che potrebbe accedere.

Si stanno ancora contando i danni delle bufere di luglio e agosto scorso, che il maltempo di martedì ha rimesso in ginocchio, o meglio sott'acqua, gran parte dei territorio montani (ma non solo) di Pordenone e Udine. E non è finita. Neppure terminato di correre ai ripari che si è già riacceso ancora l'allarme meteo per i prossimi giorni.

I LAVORI
Tanto è stato fatto in questi ultimi vent'anni per cercare di mitigare le bizze di un meteo che è sempre più difficile da prevedere almeno nella forza dei suoi fenomeni. Resta il fatto che la varietà fisiografica della regione e la sua posizione dall'arco alpino all'ambiente costiero, favoriscono la predisposizione del territorio a una molteplicità di vulnerabilità e pericolosità naturali. Tra frane, precipitazioni da record, bombe d'acqua, vento rabbioso, inondazioni e allagamenti, non c'è più un anno che non si debbano contare almeno due, anche tre eventi calamitosi con danni. Nella Destra Tagliamento ci sono almeno tre zone vulnerabili in pianura: l'area del Meduna, quella del Livenza e gran parte dell'arco montano, sottoposto a frane smottamenti e cedimenti. In provincia di Udine la Carnia e il tarvisiano hanno forti criticità in alcuni punti a cominciare dalle frane per finire con gli allagamenti e in più problematiche sono state evidenziate nell'udinese e nella bassa con il Tagliamento.

LE PRIORITÀ
Per cercare di arginare l'acqua quando le piogge, come martedì scorso sono "generose" la Giunta regionale, su proposta dell'assessore alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro e di concerto con gli assessori alle Risorse agroalimentari Stefano Zannier e alle attività produttive Sergio Emidio Bini, ha autorizzato la presentazione di istanze per la realizzazione di infrastrutture idriche e il ripristino della capacità di invaso in vari territori del Friuli Venezia Giulia. Il finanziamento richiesto ammonta a circa 400 milioni di euro e i progetti riguardano in particolare lo sghiaiamento del lago di Barcis e contestualmente di quello di Ravedis; la realizzazione di una condotta di collegamento tra il canale Sade e il sistema derivatorio Ledra - Tagliamento per il recupero parziale della portata di scarico della centrale di Somplago; la realizzazione di opere per l'incremento della resilienza del sistema ad uso plurimo in zona Cellina Nord, con nuove condotte di adduzione; la realizzazione dell'acquedotto duale per la distribuzione dell'acqua potabile al servizio della zona del Consorzio industriale Ponte Rosso, la realizzazione della galleria tra i laghi di Ca Selva e Ca Zul in Val Tramontina. Si tratta di interventi che potrebbero mitigare, ma evidentemente non bastano. «Con il provvedimento - ha spiegato l'assessore all'Ambiente - approviamo l'elenco degli interventi da includere nell'ambito del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico, secondo un preciso ordine di priorità».

I NUMERI
Resta il fatto che in regione, tanto per far capire quanto è fragile il territorio, il catasto delle frane registra oltre 6 mila eventi franosi di cui la metà sono storici. Sono una quindicina i fiumi di media portata sotto osservazione per argini deteriorati o non del tutto sicuri, mentre sono centinaia le zone sottoposte ad allagamenti per la carenza di sfoghi per l'acqua o canali interrati.
 

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