Sanzioni alla Russia, tremano di nuovo le aziende friulane: con il blocco del carbone si rischiano altri stop

Venerdì 8 Aprile 2022 di M.A.
Il forno di un'acciaieria

È il quinto pacchetto di sanzioni dirette dalla Ue alla Russia dopo l’aggressione armata all’Ucraina.

Il più temerario, perché per la prima volta l’Europa colpisce anche l’export energetico di Mosca. Non ancora gas e petrolio, ma il carbone. E gli effetti rischiano di sentirsi nel giro di qualche settimana anche nella nostra regione. Si sommeranno a quelli già impattanti che riguardano l’acciaio e il costo del gas. E il prezzo potrebbero pagarlo le stesse aziende già costrette a fermarsi a causa della crisi energetica e della scarsità dei materiali: le grandi acciaierie, le fabbriche energivore, chi deve far funzionare i forni.


I TIMORI


Negli anni anche in Friuli Venezia Giulia è stato scelto e si è intrapreso un percorso che ha portato all’allontanamento dal carbone. Ma non si tratta di una transizione completata, perché ci sono forni che contano ancora sul materiale fossile per poter funzionare e quindi produrre. In prima linea in questa possibile nuova crisi avremo sicuramente i cementifici, che usano in parte ancora il carbone per alimentare gli impianti. Senza il materiale dalla Russia, che costituisce una percentuale maggioritaria nella quota di import, bisognerà dirottare la provenienza ad esempio dal Sudamerica. «Rischiamo nuovi stop produttivi - è l’allarme lanciato da Matteo Zorn della Uil regionale -. Abbiamo ancora una “finestra” di qualche settimana, poi arriveranno i problemi veri». Sì, perché le scorte al momento ci sono, ma con la chiusura delle forniture dalla Russia il tempo per riposizionarsi potrà non essere sufficiente ad evitare un altro stallo come quello di alcune settimane fa, figlio allora del gas e dell’acciaio. 
Ma l’allarme non riguarda solamente i cementifici. È tutta la filiera dell’industria a caldo a temere l’impatto del quinto pacchetto di sanzioni. Il settore del vetro, ad esempio, ma ancora di più chi lavora la ghisa come nel caso della Zml di Maniago. E ancora i semilavorati, cioè i prodotti della trasformazione che hanno bisogno di alti livelli di energia. 


PREOCCUPAZIONE


I sindacati sono già in allerta. «È assolutamente necessaria - spiega ancora Matteo Zorn della Uil - la convocazione di un nuovo tavolo con la Regione e le categorie che rappresentano il mondo produttivo. Le aziende che trattano semilavorati hanno ancora qualche settimana di visibilità, poi sarà il caos. Servono altre linee approvvigionamento immediate. Oltre all’utilizzo ovvio degli ammortizzatori sociali. Mi risulta che tra stoccaggi e arrivi in questo momento la produzione sia garantita, ma non sappiamo per quanto. Le politiche sul medio-lungo periodo vanno certamente bene, dal punto di vista energetico, ma qui dobbiamo tamponare subito un problema urgente». 


GLI SCALI


Il quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia prevede anche un embargo nei confronti delle navi provenienti dal Paese guidato da Vladimir Putin. Un problema, questo, che toccherà invece solo marginalmente i porti del Friuli Venezia Giulia. Sì, perché nella nostra regione di fatto di navi russe non se ne vedono già più. Quelle che scaricavano le merci (nel caso specifico, si trattava di petroliere, nella maggior parte degli attracchi) fino all’inizio della guerra in Ucraina sono ormai bloccate tra il Mar Nero e l’Egeo, dal momento che la Turchia ha “selezionato” i passaggi attraverso lo stretto dei Dardanelli e il Bosforo. 

Ultimo aggiornamento: 17:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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