TRIESTE - È l'11 marzo 2020, l'allora premier Giuseppe Conte parla - di nuovo - alla Nazione: chiude i negozi, gira ancora la vite del lockdown. Poche ore dopo, spaventata, la Slovenia sbarra i confini con l'Italia, e quindi con il Friuli Venezia Giulia. Ai valichi principali ci pensa la polizia. In corrispondenza di quelli secondari si usano i massi per bloccare le strade. Sì, i massi. In piena era Schengen torna la cortina di ferro. Oggi la Slovenia è alle corde: un tampone su due a Lubiana è positivo, il contagio dilaga e ha sfondato gli argini anche in Friuli Venezia Giulia, contribuendo ad avvicinare la regione alla zona gialla. Ma da questa parte del confine non ci saranno i massi e i blocchi. Oggi l'arma si chiama Green pass, a patto di controllare davvero chi ce l'abbia o meno all'ingresso nel Paese. Cosa che fino ad oggi, salvo rari casi, non avveniva praticamente mai. Più controlli al confine, ecco cos'ha chiesto ieri il presidente del Fvg, Massimiliano Fedriga.
L'APPELLO
«Confiniamo con la Slovenia, che ha anche pochi vaccinati, e l'Austria, zona dell'Europa dove il contagio purtroppo ora sta dilagando.
GLI ATTACCHI
Più limiti per i no-vax in caso di zona arancione o rossa, una netta presa di posizione contro le notizie false e i danni provocati dalle stesse alla campagna vaccinale, la convinta adesione alla verità scientifica. Tutto questo sta costando a Fedriga un continuo fuoco di fila da parte del popolo no-vax. «Ricevo quotidianamente minacce da una parte di estremismo antiscientifico no-vax - ha ammesso Fedriga -. Non mi diverto a parlare ogni giorno di questi temi, faccio il possibile per far restare tutti in sicurezza, per questa minoranza io sono il nemico, minacciano di ammazzarmi, è una follia. Ormai ho una collezione di minacce, è una cosa quotidiana, mi scrivono via mail, via lettera. Ma non mi fanno paura queste cose».
LO SCENARIO
Nessuna paura. E nessuna marcia indietro. Anche perché sul tavolo c'è la richiesta più importante da portare a Palazzo Chigi: meno limiti per i vaccinati in caso di zona arancione o rossa. E di conseguenza divieti solo per chi il vaccino non l'ha fatto, naturalmente perché non voleva, non per comprovate ragioni di salute. «Abbiamo chiesto incontro urgentissimo al governo, ci incontreremo lunedì o al massimo martedì», ha chiarito Fedriga sempre a Radiouno. Il fronte dei presidenti delle Regioni è praticamente plebiscitario, con qualche dubbio che aleggia soprattutto in Veneto, dove il presidente Luca Zaia prima aveva chiuso al modello austriaco salvo poi aprire a un regime differenziato tra vaccinati e non in caso di lockdown, sia parziale che totale.
LA POSIZIONE
Come in un cerchio che si chiude, si torna infine ai Paesi vicini. In questo caso all'Austria, prima Nazione europea ad aver annunciato l'obbligo vaccinale a partire da febbraio. Fedriga però su questo tema si è mostrato almeno in partenza freddino. La sua è una valutazione pratica, più che una posizione ideologica. «La questione su cui ragionare è questa - ha spiegato -: l'obbligo vaccinale che conseguenze comporta? Dovremmo licenziare gli italiani che non si vaccinano? Cerchiamo il più possibile, invece, di accompagnare il Paese con un'informazione più chiara. Il grande nemico in questo momento non sono i no vax incalliti - ha aggiunto -, ma la paura da sconfessare attraverso l'informazione e la chiarezza sul vaccino».
Intanto nel suo Fvg sono state superate tutte le soglie critiche: se la situazione non cambierà nei prossimi sette giorni, da lunedì 29 novembre la zona gialla sarà certa. Numeri alla mano.