Fine dello stato d'emergenza, in Friuli il Covid ha causato cinque volte i morti del terremoto del 1976

Sabato 2 Aprile 2022 di Marco Agrusti
Una terapia intensiva
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Come dopo un grande disastro naturale, c’è sempre un momento in cui la bufera si placa.

Il disastro naturale degli ultimi due anni si chiama Covid, e in Friuli Venezia Giulia in termini di vite umane ha avuto l’effetto di cinque terremoti del 1976 messi assieme. È vero, ci sarebbe da discutere sul conteggio delle vittime, sulle patologie precedenti di ogni singolo caso, su qualche errore di troppo in fase di comunicazione dei dati. Ma il macro-numero non si allontana di molto dalla verità. E inquadra la tragedia. In secondo piano, dal momento che si parla di perdite dolorose, c’è anche la conta dei “danni” economici, con la Regione che è stata costretta ad una spesa extra che ha avuto un suo peso. 


IL DOLORE


Ieri è finito lo stato di emergenza nazionale. Dopo due anni vissuti a colpi di decreti e Dpcm, il Covid è diventato materia ordinaria. Gestione e non urgenza. Il momento di mandare in archivio una fase e di aprirne un’altra. In 24 mesi, nel solo Friuli Venezia Giulia, la pandemia si è portata via 4.920 persone. Ieri ha perso la vita un 87enne di San Vito al Tagliamento. L’ultima vittima, per ora. La nostra regione ha il terzo tasso di mortalità legata al Covid più alto d’Italia. Si è stabilito all’1,47 per cento sul totale dei contagiati. Solo Valle d’Aosta e Lombardia hanno un’incidenza di decessi maggiore rispetto alla nostra. Il devastante terremoto del 1976 aveva lasciato sul campo e sotto le macerie 990 friulani. Il Covid ha ucciso cinque volte tanto. I due anni di emergenza hanno avuto solo l’effetto di spalmare il dolore su un tempo più lungo, mentre la grande scossa del ‘76 ha travolto tutto e tutti in un minuto circa. Resta il dramma dei numeri, che come sempre non hanno colore. 


I CONTI


La pandemia, sin dal primo giorno, ha rivoluzionato il mondo della sanità. E anche le sue esigenze, operative così come economiche. In due anni, la Regione si è trovata di fronte a un’impennata non solo della curva dei contagi, ma anche di quella legata agli investimenti urgenti. Il “salasso” pubblico del Covid ammonta a circa 280 milioni di euro in due anni. Mascherine, respiratori, camici, reparti da convertire, operazioni di Protezione civile, percorsi differenziati. Tutte spese improvvise e necessarie che hanno avuto un peso sulle casse. 


IL FUTURO


Finita l’emergenza, in Fvg rimarrà però la task force guidata dal professor Fabio Barbone. Le riunioni proseguiranno. Quanto alla gestione commissariale nazionale, è arrivato il grazie del presidente Fedriga. «La fine dello stato di emergenza non è un liberi tutti. È giusto usare la dovuta attenzione anche monitorando da qui alle prossime settimane come si comporterà il virus. In questo momento abbiamo visto un aumento dei contagi, adesso sta diminuendo, ma fortunatamente non un aumento delle ospedalizzazioni se non in modo assolutamente irrilevante. Ci auguriamo continui così». Fedriga ha quindi ringraziato il generale Figliuolo: «Ha fatto un lavoro importantissimo anche in collaborazione con le Regioni. Ci ha fornito gli strumenti necessari per fare la grande azione che i territori hanno fatto: dagli hub alle agende vaccinali, dalla presenza sul territorio con le Usca per assistere le persone ai tracciamenti con i Dipartimenti di Prevenzione. Lo ringrazio perché umanamente è una persona di cui ho grande rispetto, ho un ottimo rapporto non solo professionale».

Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 10:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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