Covid, emergenza lavoro: il blocco di bar e ristoranti frena anche l'industria. «E da giugno sarà peggio»

Giovedì 21 Gennaio 2021 di Davide Lisetto
La cucina di un ristorante

PORDENONE - Oggi è il lavoro che non c’è. Per se stessi e per i loro dipendenti. Ma domani potrebbero non esserci più gli esercizi commerciali e le piccole imprese oggi obbligate a rimanere chiuse. La pandemia costringe esercenti e molti piccoli imprenditori a vivere con l’incubo (oltre che dei contagi) dei colori. Il giallo, l’arancione e il rosso delle zone. «Il governo apre e chiude le nostre aziende come interruttori e si prende il diritto di vietare il lavoro senza trovare una strada sostenibile per tutelare interi settori». È l’esasperazione di baristi, ristoratori, albergatori e dei loro fornitori di fronte alla grande incertezza e ai ristori che, quando arrivano, sembrano non bastare. Ma è una catena. Il blocco per lunghi mesi dell’Horeca, il comparto della ristorazione e dell’ospitalità, si sta pesantemente ripercuotendo anche su larghe fette del sistema industriale del territorio.
BLOCCO MONDIALE
Il blocco della ristorazione e del turismo (che è mondiale) ha messo in sofferenza l’importante comparto delle apparecchiature professionali (cucine, forni, frigoriferi, lavapiatti, abbattitori) destinate ad alberghi, bar, ristoranti e grandi collettività, come grandi hotel e villaggi vacanza. Sul territorio basta un nome: Electrolux Professional (la cassa integrazione nel 2020 ha subìto un picco e sta proseguendo ance quest’anno) con l’indotto che vi è collegato. Quella storica inox valley fatta di aziende fornitrici ma anche di piccoli e medi produttori autonomi. Ma non è l’unico comparto del manifatturiero a risentire della frenata del comparto ristorazione e hotel. Anche l’agroalimentare, in particolare le diverse eccellenze del territorio del Friuli occidentale nei settori del vino e dell’acqua minerale. Un segmento fatto anche di storiche e importanti realtà cooperative che hanno dovuto diversificarsi in fretta per fermare l’emorragia di ordini. Ricorrendo sempre più spesso alla grande distribuzione che però “tira” sui prezzi creando difficoltà. E se altri comparti del manifatturiero (in primis quello dell’elettrodomestico e del legno-arredo) mostrano di tenere non mancano le tensioni e le paure per il futuro. I novanta esuberi alla Zml di Maniago, territorio già in sofferenza occupazionale. La vendita della Savio a un gruppo belga. Due casi che non fanno dormire tranquilli i sindacati dei metalmeccanici. Molto preoccupati, come le altre categorie, che a fine marzo la scadenza della legge che impedisce i licenziamenti possa aprire drammatiche falle in aziende in difficoltà che hanno necessità di dolorose riorganizzazioni. «In questo momento solo l’edilizia - conferma Silvano Pascolo, presidente di Confartigianato Pn - con la partenza del super-bonus al 110% si appresta a correre. È un settore volano, ma ci vorrà tempo. Perché in molti altri comparti le cose non stanno andando bene. Il peggio - sottolinea dall’osservatorio delle migliaia di imprese artigiane - sarà comunque nella seconda parte di quest’anno».
LA FILIERA SPETTACOLO
Certo la “filiera” degli spettacoli dal vivo e della cultura non è quella che “fa il Pil”.

Ma anche in quest’ambito sono molti (a livello nazionale si stima in oltre 500 mila gli operatori dello spettacolo dal vivo) i lavoratori fermi ormai da mesi, con i ristori in ritardo. Un comparto che occupa diverse centinaia di addetti anche in provincia e che rischia di essere il fanalino di coda. Come denunciano le imprese della cultura.

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