Vince sulla pandemia e arriva a Padova l'attesa mostra su Vincent Van Gogh: un trionfo di colore

Venerdì 2 Ottobre 2020 di Paolo Navarro Dina
Vincent Van Gogh
PADOVA - Marco Goldin lo ha detto subito appena si è accostato al microfono. «Questo è un sogno che si realizza». E nello stesso istante l'infaticabile organizzatore di mostre ha tirato il fiato. Nonostante tutto. Nonostante la pandemia, nonostante la riorganizzazione degli accessi, nonostante lo slittamento di una esposizione prevista per la scorsa primavera e che si apre, invece, il 10 ottobre prossimo. Finalmente Padova ha la sua grande mostra dedicata a Vincent Van Gogh. Il sindaco Sergio Giordani e l'assessore Andrea Colasio l'hanno salutata come una ripartenza, ma è molto di più. È un evento che fa capire che rimboccandosi le maniche si può dare un segnale di grande cultura. E un messaggio di speranza. 
I TONI DELLA VITA
Ecco, quindi, Van Gogh. I colori della vita allestita al Centro San Gaetano, in via Altinate ovvero 82 capolavori dell'artista, nato nel 1853, realizzati nel corso della sua vita, dal periodo olandese a quello francese, tra Parigi, la Provenza e Auvers sur Oise dove pose fine alla sua vita nel 1890. La mostra si avvale della decisiva collaborazione del Kroller Muller Museum, un piccolo scrigno nel cuore dei Paesi Bassi ed è stata realizzata con il sostegno del Gruppo Baccini. «Una cosa buona - ha chiosato Goldin - il Covid ha messo in pratica: ci concede di vedere questa mostra a piccoli gruppi evitando così ogni forma di assembramento. Per il resto, sono già convinto, che non faremo grandi numeri. Se riusciremo a fare 135 mila visitatori lungo tutto il periodo sarà sicuramente un grande successo viste le condizioni generali». Ma al di là delle preoccupazioni, che sono reali, (e che ben fanno comprendere la sfida in atto), quello che si apre al visitatore è a dir poco il paradiso del colore. 
CONTROCORRENTE
Con un obiettivo che Goldin, autore peraltro di una monumentale guida narrativa Van Gogh. L'autobiografia mai scritta (Nave di Teseo 24.50 euro) pubblicata come strenna parallelamente alle mostra, mette subito in chiaro: «Quello di Van Gogh è un percorso di vita e di arte straordinario, al quale, purtroppo, è stato legata un'immagine di maledetto, colpevoli in primo luogo i ritratti che ne ha dato il cinema. Ma non è così. Una delle mie sfide è quella di cancellare, una volta per tutte, quest'idea del maledettismo calato su Van Gogh». E per farlo Goldin presenta così al pubblico le opere solari che hanno reso immortale l'olandese non senza alcune operazioni diciamo spregiudicate e ad effetto come le prime tre opere che il visitatore incrocia all'ingresso: un terzetto di tele di Francis Bacon, uno dei più grandi artisti del Novecento mettendolo in dialogo con un collega morto più di mezzo secolo prima. Come se un gioco di ombre (Bacon) e di colori (Van Gogh) si ritrovassero a conversare senza tempo.
DAGLI INIZI ALLA MATURITÀ
E se gli anni della formazione artistica di Van Gogh (agli inizi degli anni Ottanta del XIX secolo) ci appaiono nelle prime sale con numerosi disegni dedicati ai minatori di Marcasse o ai primi paesaggi di Etten (cottage nella brughiera, fienili, molini), o ai contadini (un mercato, un gruppo di poveri in fila, al monte dei pegni), a poco a poco, il percorso della mostra ci accompagna nel Van Gogh che è entrato nell'immaginario collettivo: a partire da Montmartre dietro il Moulin de la Galette (1887); il celeberrimo Autoritratto con il cappello di feltro grigio (1887) messo in relazione con un'opera dell'amico pittore Paul Gauguin (Vegetazione tropicale, 1887) e a Paul Signac (Collioure. Il Campanile Opus 164, 1887). Ma senz'altro la sala più sfiziosa ed efficace è quella dove si trovano Il ritratto di Armand Roulin (1888); Il Vigneto verde (1888) e lo straordinario dialogo, uno accanto all'altro de Il seminatore di Jean Francois Millet (1847-48) con quello dell'artista olandese (1888). A dir poco un colpo di genio per capire l'evoluzione della poesia sul finire dell'Ottocento e quella personale di Van Gogh. E infine il periodo provenzale dove dà tutto se stesso con le affascinanti opere di Paesaggio a Saint Remy (1889), Paesaggio con covoni e luna nascente (1889) (fino ad arrivare a quello che ritenuto tra gli ultimi quadri di Van Gogh: Campi di grano in un paesaggio montuoso (1890) prima di una fotografia esemplare, al termine della mostra, con l'immagine delle lapidi cimiteriali, una accanto all'altra, di Vincent e del fratello Thèo al quale era molto legato. «Si va dai disegni a dir poco imbarazzanti per impreparazione artistica, quasi sgrammaticati all'inizio del percorso - conclude Goldin - alla ricerca della modernità e all'immortalità».
Paolo Navarro Dina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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