Terapie intensive sotto pressione, la direttrice: «Siamo esausti, ma ce la stiamo mettendo tutta»

Venerdì 13 Novembre 2020 di Gabriele Pipia
Terapie intensive sotto pressione, la direttrice: «Siamo esausti, ma ce la stiamo mettendo tutta»

PADOVA -  «Dottoressa, possiamo parlare adesso oppure è un brutto momento?».

«Guardi, parliamo pure, tanto in questi giorni sono tutti brutti momenti».

La testimonianza di Astrid Ursula Behr, di origine tedesca ma punto di riferimento della sanità padovana da 25 anni, comincia così.

Il resto è un lungo sfogo che parte dalla situazione negli ospedali («Siamo esausti ma ce la stiamo mettendo tutta») e arriva alle scene degli assembramenti in piazza («A marzo i medici venivano applauditi, ora sembra che a molta gente non freghi nulla di tutto quello che stiamo facendo»). 


Astrid Behr (foto) è la direttrice del reparto di Anestesia Rianimazione di Camposampiero, proprio dove oggi sarà aperto una seconda Terapia intensiva per i pazienti Covid: altri otto posti da sommare agli otto già presenti. È l’unico modo per reggere un’ondata sempre più travolgente che investe soprattutto il Covid Hospital di Schiavonia: 17 pazienti ricoverati in Terapia intensiva, 109 negli altri reparti. Le immagini scattate ieri mattina alle ore 10 dentro la Rianimazione raccontano molto della battaglia contro il nemico invisibile. Una battaglia tornata ad essere dura e sfiancante come nel periodo più buio tra marzo e aprile. 


I NUMERI
La dottoressa Behr si trova a dirigere un reparto da settimane sotto pressione, proprio come tutte le altre Rianimazioni della provincia di Padova. A dirlo sono i numeri, sempre più alti. Al policlinico di via Giustiniani sono ricoverati in Terapia intensiva 16 pazienti. A Schiavonia appunto 17, a Piove di Sacco 5, a Cittadella 6, a Camposampiero 2. E appena viene dimesso qualcuno, entra qualcun altro. 
La primaria parla anche in qualità di responsabile per il Veneto della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti). «La pressione sui nostri ospedali è ormai fortissima - conferma - Abbiamo sempre più bisogno di posti-letto e a volte capita che dobbiamo portare in Terapia intensiva pazienti a cui basterebbe una sub-intensiva. Se quest’ultima è piena, infatti, serve un reparto per le cure superiori». 


LE DIFFERENZE
Chi lavora qui dentro non si era certo illuso che tutto fosse finito a maggio. «Abbiamo passato l’estate a fare formazione e a prepararci. Abbiamo procurato molti materiali ma il problema principale riguarda la carenza di personale: la coperta è corta comunque la si tiri. Anche le Malattie infettive stanno lavorando al massimo». 
Rispetto a marzo è cambiato moltissimo. «La scorsa primavera avevamo grande energia, eravamo tutti carichi per uscire al meglio da questa situazione. Adesso siamo davvero stanchi, in estate ci siamo riposati ben poco visto che comunque abbiamo recuperato dalle nostre liste tutti gli interventi possibili che erano saltati. Ma ora siamo anche molto arrabbiati perché fuori vediamo scene davvero preoccupanti e sembra che a molti non interessi la situazione degli ospedali. Prima ci applaudivano, adesso? C’è rabbia e delusione. Speravamo nella solidarietà della popolazione ma molti pensano solamente al proprio fabbisogno». 
Un’altra differenza enorme riguarda l’età media dei pazienti. «Ora è molto più passa. Se prima avevamo molti ottantenni, adesso si aggira sui 65 anni. Oggi è entrata una donna di 48 anni che aveva anche un’altra patologia, ma pochi giorni fa abbiamo dimesso una persona di 43 anni che era stato intubato. Il rapporto con i familiari è un altro aspetto molto importante: facciamo il possibile con le videochiamate. Facciamo tutto il possibile. Perché va detto: nonostante la rabbia per ciò che accade fuori, noi continuiamo a lavorare con grandissima professionalità e a dare il massimo. Tutti». 


IL RINFORZO
Proprio oggi all’ospedale Camposampiero aprirà un altro reparto Covid. «Suddivideremo le due Terapie intensive, una Covid e una non Covid – spiega ancora la primaria - . Siamo l’ospedale che dovrebbe continuare ad assicurare l’attività chirurgica eseguendo anche interventi che inizialmente erano previsti a Schiavonia, quindi c’è bisogno di nuovi posti letto». 
C’è anche il problema degli operatori sanitari positivi: «Il virus circola molto, anche e soprattutto fuori dagli ospedali. Facciamo screening di continuo a tutto il personale ma purtroppo abbiamo anche continue sorprese». La direttrice Astrid Ursula Behr sospira, saluta, si infila nuovamente la visiera e oltrepassa la porta scorrevole della Terapia intensiva. In quella grande stanza piena di monitor e di tubi c’è, per i pazienti Covid, l’ultima spiaggia.

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Ultimo aggiornamento: 08:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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