La rabbia della 19enne violentata da un collega: «Dopo 9 mesi solo silenzi dalla giustizia, dov'è il Codice rosso?»

Mercoledì 7 Ottobre 2020 di Luca Ingegneri
La rabbia della 19enne violentata da un collega: «Dopo 9 mesi solo silenzi dalla giustizia, dov'è il Codice rosso?»
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PADOVA - Sono trascorsi esattamente 9 mesi da quella notte che ha segnato la sua esistenza. E di cui porterà i segni ancora per molto tempo. Non passa giorno senza che una crisi di pianto la assalga. Ma dalle sue parole traspare soprattutto un fortissimo senso di rabbia: «Sono stata violentata da un collega di lavoro - racconta la ragazza in preda alle lacrime - la notte dell’Epifania, mentre ero  dormivo a casa di un’amica. Ho presentato due dettagliate denunce allegando gli esiti degli esami clinici cui mi ero sottoposta. Mi era stato assicurato che l’indagine sarebbe stata sviluppata rapidamente visto che il mio caso rientra tra quelli contemplati dall’ormai famoso Codice Rosso. In tutto questo tempo né io né il mio avvocato abbiamo ricevuto alcuna segnalazione. Non sono mai stata convocata neppure per un interrogatorio».

Non ancora diciannovenne, fresca di diploma in un istituto tecnico cittadino con il massimo dei voti, e appena iscritta alla facoltà di Economia, la ragazza reclama giustizia ad alta voce: «Mi sento sola e abbandonata dalle istituzioni - dice - non sono sicuramente l’unica donna costretta a combattere con situazioni simili ma mi rattrista il fatto che lui sia ancora libero e che possa farlo ancora, con altre ragazze. Fortunatamente io non l’ho più incontrato anche perché ho smesso di andare a fare la cameriera in quel locale». La studentessa ha dovuto affrontare un delicato percorso per provare ad uscire dal tunnel di quella orribile notte. «Fino ad un mese fa - racconta - sono stata dalla psicologa che mi ha dato una grossa mano. Adesso ho ritrovato un pizzico di serenità ma mi assale spesso la rabbia: non accetto l’idea che quella brutta persona non debba pagare per tutto il male che mi ha provocato».
LA VICENDA
É la sera del 6 gennaio quando arriva alla centrale operativa dell’Arma la telefonata di una dipendente di un ristorante etnico in zona Forcellini. Riferisce che due uomini sono entrati nel locale, hanno litigato con il direttore, poi sono entrati come furie in cucina e hanno puntato direttamente il cuoco. É un ragazzo di vent’anni, di origini cinese, che i due, romeni, picchiano di santa ragione provocandogli contusioni giudicate guaribili in cinque giorni. Sul posto si precipita una pattuglia della stazione carabinieri di via Rismondo. Gli uomini del luogotenente Giovanni Soldano compiono le opportune verifiche. A fine serata partono tre denunce: la posizione più grave è quella del cuoco cinese. Finisce sotto inchiesta per violenza sessuale nei confronti della diciannovenne che avrebbe stuprato la notte precedente. Guai in arrivo anche per il padre e il fratello della ragazza, di 36 e 16 anni, che avevano pensato bene di farsi giustizia in proprio. Vengono denunciati per lesioni personali. I due fascicoli aperti dalla Procura della Repubblica risultano entrambi pendenti. Ai primi di febbraio sarebbe stata firmata una delega di indagine alla polizia giudiziaria. Secondo il difensore della ragazza, l’avvocato Enrico Cogo, non sarebbero stati compiuti atti istruttori. Ed in particolare la ragazza non è mai stata sentita dagli investigatori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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