Lo spazio e la vita su altri pianeti si cercano con telescopi che hanno "occhi" padovani

Lunedì 22 Agosto 2022 di Mauro Giacon
Le dimensioni del più grande telescopio del mondo “Elt” in costruzione in Cile. Avrà un’ottica progettata all’Università di Padova

PADOVA - Quando c’è da guardare il cielo, sia che si faccia da terra che da un satellite lanciato nell’immensità, le ottiche degli strumenti che individuano e fotografano un oggetto per darne la misura, molto probabilmente sono fatte a Padova.

DOVE SONO

Le troveremo sul “Very large telescope” (Vlt) in Cile, telescopio con specchio da 8,2 metri di diametro. Il sistema si chiama “Mavis” ed è seguito da Valentina Viotto. Le troveremo sul “New technology telescope” (Ntt) sempre in Cile, specchio da 3,5 metri. Il sistema si chiama Soxs ed è seguito da Riccardo Claudi
Poi c’è “Morfeo” un’ottica adattiva padovana piazzata sull’Extremely large telescope (Elt) sempre in Cile con uno specchio di 37 metri di diametro in costruzione, co-diretta da Roberto Ragazzoni. Infine “Shark” l’azzannatore di luce delle stelle, sul Large binocular Telescope (Lbt) in Arizona, con specchio da 8,4 metri e doppia pupilla. Lo segue Jacopo Farinato.

Ovviamente contiamo anche il telescopio nazionale Galileo alle Canarie.

A COSA SERVONO

Sono tutte macchine ultrasofisticate per le quali occorrono diversi anni di lavoro. Ci guida nell’illustrazione Roberto Ragazzoni, 56 anni, astronomo, pilota d’aereo, membro dell’Accademia dei Lincei, ma soprattutto “mago” delle ottiche adattive (gliele hanno prese in tutto il mondo) nonché direttore dell’Osservatorio astronomico dunque capo del team dei realizzatori.
Soxs ad esempio sta per “Son of x-shooter” ed ha il compito di misurare «in un tempo molto breve, tre ore, le caratteristiche di un oggetto che appare improvvisamente nel cielo, ad esempio dopo l’esplosione di una Supernova. Misura tutte le possibili lunghezze d’onda ricevibili, dall’infrarosso all’ultravioletto, prima che il fenomeno si esaurisca. Certo non può fare bene tutto ma permette di cogliere quello che è successo in un modo o nell’altro».

LE TECNICHE

Morfeo su Elt e Mavis (Vlt) sono invece ottiche adattive, la specialità della casa. La luce nel suo viaggio in atmosfera subisce delle turbolenze. «Dunque abbiamo una tecnica con cui all’interno del telescopio introduciamo di proposito un’ulteriore deformazione della luce. Se lo facciamo in modo accurato possiamo cancellare quella deleteria e rendere l’immagine come se fosse raccolta in orbita, mentre invece siamo sulla terra».
Poi c’è Shark. «Lo abbiamo appena spedito in Arizona. È un coronografo ovvero serve a cancellare la luce della stella per far risaltare quella del pianeta che pensiamo le stia orbitando vicino. Sembra un ossimoro spegnere la stella, ma quello scintillio per l’astronomo è una iattura. Quindi lo spegnimento si ottiene con un sofisticata serie di specchi, di lenti e sistemi informatici».

LA SPERANZA

Riusciremo mai a scoprire un pianeta come la Terra? «Ormai sappiamo che ogni stella ha dei pianeti. Però bisogna capire che tipo di vita cerchiamo, se quella dei silicati, quella dove c’è acqua, o quella intelligente». Mettiamo che cerchiamo quella dove c’è acqua. «Per ora non è ancora certo, ma Proxima b il pianeta più vicino a noi, fuori dal sistema solare, che è a 4 anni luce, potrebbe averla. Per raggiungerlo anche solo con una sonda che viaggi a 30mila chilometri al secondo ci vogliono 40 anni. Pensi che qui a Padova con Maria Pelizzo stiamo studiando il materiale di vele solari lanciate in orbita con attaccati chip grandi un francobollo per fare foto. Grazie a una superficie super riflettente saranno colpite da un laser che le spingerà fino a quella velocità. Ci attendono anni spettacolari».

Ultimo aggiornamento: 23 Agosto, 11:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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