Protesta dei medici di base: «Trascurati dalla Regione». Fimmg Veneto in stato di agitazione e non esclude lo sciopero

Giovedì 2 Marzo 2023
Protesta dei medici di base

PADOVA - Lo stato di agitazione è stato proclamato, ma a breve potrebbe fargli seguito pure lo sciopero. Infatti in Veneto la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) è ai ferri corti con la Regione, tanto è vero che ieri i vertici sindacali delle varie province si sono ritrovati nella sede di Padova per spiegare le motivazioni che li hanno indotti a protestare. Attorno al tavolo, quindi, si sono dati appuntamento il segretario regionale Maurizio Scassola (che è anche numero uno di Venezia) e quelli degli altri territori: Domenico Crisarà (Padova), Francesco Noce (Rovigo), Giulio Rigon (Verona) e Umberto Rossa (Belluno). È lunghissimo l'elenco di accuse, in primis la mancanza di attenzione, mosse dai rappresentanti sindacali al governo veneto, acuite dopo l'incontro con l'assessore Manuela Lanzarin dalla quale, a loro dire, non hanno trovato risposte su vari quesiti tra cui la mancata programmazione, la privatizzazione spinta, la carenza di medici, le cure domiciliari, l'assenza di prospettive per i giovani e il fatto che i cittadini a volte si vedano costretti a rivolgersi a strutture non convenzionate (e a questo proposito hanno espresso totale contrarietà alle Case della comunità).


Lo stato di agitazione, che come hanno sottolineato non è «contro qualcuno», ma per «tutelare la salute di tanti», si concretizzerà in una serie di incontri con sindaci e associazioni per segnalare le preoccupazioni sul futuro della sanità, che nel Veneto è caratterizzata da numeri imponenti: 3.200 medici di base, 40 milioni di accessi alle prestazioni in un anno, con oltre 786mila cittadini che si sono rivolti ai sanitari di famiglia.


LE MOTIVAZIONI
«La scelta - ha evidenziato Scassola, portavoce di Fimmg Veneto che vanta 2.100 iscritti, cioè il 70% della categoria - deriva da una serie di situazioni che hanno esasperato il rapporto tra noi e la Regione, dopo che abbiamo posto questioni politiche, non sindacali.

La medicina di famiglia non trova più l'attenzione dovuta, nonostante la grave crisi che l'assistenza primaria sta vivendo, a causa della colpevole mancanza di programmazione regionale e c'è il rischio che tanti cittadini restino senza medico di famiglia. Ma ai nostri sforzi di trovare soluzioni sono corrisposte strategie dilazionatorie per non affrontare le criticità». «La parte medica - ha proseguito Scassola - è stata tenuta all'oscuro delle decisioni che puntano a modificare il ruolo giuridico dei medici di famiglia anche attraverso la realizzazione dell'autonomia differenziata, nonostante le nostre figure siano un valore aggiunto che non timbrano il cartellino, ma si adeguano alle situazioni come è avvenuto durante la pandemia. E poi c'è il nodo della privatizzazione delle cure domiciliari. Sono stati, invece, resi operativi i Rao, Raggruppamenti di attesa omogenei, che per gli utenti si stanno rivelando un ostacolo per l'accesso alle prestazioni, e per il medico un'ulteriore complicazione burocratica».


IL COMMENTO
«Dall'atteggiamento della Regione - ha spiegato poi Crisarà -traspare che si sta realizzando quello che era stato programmato nel piano socio-sanitario del Veneto 2019-2021, dove si dà la possibilità di affido dell'assistenza domiciliare a soggetti privati con personale loro, come avviene negli Usa. Vediamo che ci sono società e fondi economici, anche esteri, che stanno acquisendo farmacie, laboratori di analisi e diagnostica, e ambulatori, e offrono prestazioni a prezzo più basso del ticket. Il problema, però, è che per lavorare sulla quantità non possono garantire la qualità. Quanto alla carenza di medici, in Veneto nell'ultima chiamata ne mancavano 700 e sono stati coperti 325 posti, di cui però 200 ricorrendo a medici in formazione che frequentano il primo anno, per cui non potranno più essere utilizzati in futuro: ciò significa che fra un triennio la situazione sarà ancora più grave di oggi».

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