Il ticket di Marina Santi: «Una candidatura doppia per il nostro Bo: il progetto prima dei singoli»

Lunedì 26 Aprile 2021 di Silvia Moranduzzo
Marina Santi con Pietro Martin
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PADOVA Formalmente la candidata per il posto di rettore è Marina Santi, docente di Didattica, mentre il fisico sperimentale Piero Martin è il prorettore vicario designato.

Nella sostanza la loro è una candidatura duale. «Il nostro progetto sul futuro dell'università deve concretizzarsi in una candidatura e lo statuto prevede un solo nome spiega Martin Ma a questo progetto abbiamo lavorato assieme, lo abbiamo condiviso in ogni sua parte. L'azione di governo, in caso di elezione, sarà condivisa. Non vogliamo una personalizzazione della candidatura».


È qualcosa di inusuale per il Bo, è la prima volta giusto?
Santi: «Mi sembra di sì. Abbiamo iniziato a lavorare a un progetto e vorremmo che quello fosse il protagonista. La candidatura è il modo per attuarlo».


Cosa vi ha spinto a redigere questo progetto?
Martin: «Il momento attuale che è di grande transizione. Volevamo dare il nostro contributo alla comunità universitaria e cittadina perché ricordiamoci che la connessione con Padova è fondamentale».

S: «L'urgenza e l'emergenza coincidono con la necessità di creatività. L'università ha tutti gli strumenti per immaginare il futuro e dare voce, soprattutto alla comunità».
Cosa ne pensate dell'amministrazione uscente?
S: «Quando c'è una crisi radicale come quella che stiamo vivendo non si può ridurre tutto a una causa. Dobbiamo guardare al complesso, prendere atto che i modelli attuali presentano delle criticità strutturali. La semplice critica non porta a nulla, dobbiamo mettere in moto il pensiero creativo perché nulla sarà più come prima».
M: «Non si può dire che questa amministrazione non abbia portato dei risultati. Per esempio, il Palazzo delle Esperienze è un'ottima occasione per accentrare i laboratori scientifici. Gli spazi andrebbero rivisti, così come l'uso degli strumenti: con una riorganizzazione si potrebbe rendere tutto più efficiente».

Quindi voi sareste propensi a fare diversamente riguardo l'edilizia?
S: «L'università non è un'impresa immobiliarista. La cosa importante è che ogni azione corrisponda a qualcosa di generativo. Non dobbiamo guardare solo al bilancio economico».


Il nuovo ospedale sarà una sfida non da poco, come lo immaginate?
M: «La persona dovrà essere al centro, mi sembra che quella sia la filosofia che lo caratterizzerà. Immaginiamo, ad esempio, una foresteria per i parenti dei malati che vogliono seguire il loro caro o per i pazienti che hanno ancora bisogno di assistenza dopo le dimissioni. O ancora per medici e ricercatori in visita. Verrebbe a crearsi un luogo vitale per l'Ateneo e per la città».


Al di là del fatto che la vostra è una candidatura duale, Santi potrebbe diventare la prima donna rettrice del Bo. Che ne pensa?
S: «Non desidero porre pregiudizi legati al genere. Mettere davanti alla storia di una persona l'appartenenza biologica non è corretto. Penso anche che il fatto di avere tre donne candidate possa in qualche modo far ripensare le posizioni di potere, sempre declinate al maschile».


Il prossimo rettore dovrà affrontare anche il traguardo degli 800 anni, che occasione è per voi?
M: «Un traguardo importante. È l'occasione di guardare al futuro prendendo spunto dalle nostre origini. Il Bo è nato da un gruppo di studenti erranti che qui hanno trovato libertà di esprimersi: la città ci ha accolto ed è il momento di restituire dando il meglio di noi attraverso la ricerca, la didattica e la terza missione».


La didattica a distanza secondo voi ha un futuro?
S: «La didattica a distanza ci ha fatto capire l'importanza dello stare in presenza. Non fa parte solo della transizione tecnologica, dobbiamo puntare al ritorno in aula ma non con i modelli del passato, bisogna ridare valore alla relazione che si instaura. La presenza deve trasformarsi in luogo di esperienza».
M: «I modelli si possono integrare e modificare. La didattica asincrona, cioè registrare dei video da guardare successivamente, può liberare del tempo per il docente e per lo studente. Il docente potrebbe concentrarsi di più sulla ricerca e lo studente sarebbe più libero. D'altro canto l'aula non è il solo luogo dove far lezione, si può fare anche all'aperto, in laboratorio, al museo».

 

Ultimo aggiornamento: 10:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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